Ad un passo dal baratro
[ad]Ad uno stallo politico, che ha contribuito ad aggravare la contingenza economica, occorre dunque una risposta politica. In questo senso vanno colti gli inviti del Capo dello Stato e una conseguente maggiore pacatezza delle forze d’opposizione. L’Italia dei Valori proporrà correttivi e promette una valutazione sul merito. Il patto di Bologna Bersani-Casini mira a puntare sulla crescita attraverso un rilancio delle infrastrutture e delle liberalizzazioni (ma queste istanze possono avere seguito in un partito a tratti corporativo come quello di Casini?). Enrico Letta annuncia che il Pd in ogni caso non si asterrà e che il voto sulla manovra dipende dalla variabile legata al voto di fiducia. La stessa fiducia chiesta a gran voce dai plenipotenziari della maggioranza per dare risposte immediate e nette a questo attacco su tutti i fronti.
Bisognerà vedere in primis quanto Tremonti sarà disposto a ritoccare qualche aspetto del decreto: che il rigore dei conti pubblici sia importante e l’azzeramento del rapporto deficit/Pil un vincolo europeo lo pensano quasi tutti. Ma allo stesso tempo, e ciò lo sostiene anche il fronte sindacale, occorre fare crescita perché altrimenti resterà irrisolto lo strutturale problema dell’Italia col suo debito pubblico (che secondo le stime dovrà attestarsi nel 2014 al 108% a seguito delle misure draconiane di Tremonti!). Il tutto in un quadro dove Confindustria ricorda come sia fondamentale rivedere (ergo tagliare) parte della spesa pubblica.
Occorre un salto di qualità dunque della nostra classe politica. Una responsabilità capace di affrontare il merito della questione e capace di uscire al più presto da questa tempesta. Le nette decisioni sono le uniche che possono evitare un proseguo di questa intricata situazione. Ma questo non toglie che Tremonti, anche se è un “maestro” nel risanamento dei conti pubblici, dovrà presumibilmente prestare maggiore attenzione al tema della crescita. Perché probabilmente si troverà circondato da destra e da sinistra. Ma dovranno essere misure di crescita vera, e non il solito assalto alla diligenza di stampo clientelare (che tra l’altro ci ricorda molto la crisi della lira e l’uscita dallo Sme nel 1992). E su questo i cittadini potranno misurare la responsabilità della loro classe dirigente.