Champions: questo articolo rappresenta il primo di una “quadrilogia” dedicata alla finale di Champions League, ribattezzata ormai da più parti come “Das Finale” a suggello dell’attuale superiorità del calcio tedesco in Europa.
[ad]Doveroso, quindi, analizzare la sfida del 25 maggio tra Bayern Monaco e Borussia Dortmund comparando i due club da più versanti. In questo primo articolo l’attenzione verrà focalizzata sull’aspetto puramente tecnico e calcistico, rappresentato in primis dai due allenatori e dai relativi sistemi di gioco.
L’analisi comparativa risulta semplificata raffrontando i moduli tattici delle due squadre, assolutamente identici. Il 4-2-3-1 è infatti il marchio di fabbrica sia dei bavaresi che dei giallo-neri di Dortmund, modulo portato avanti da entrambe le squadre da diversi anni. Non a caso, lo stesso schema è utilizzato anche dalla nazionale allenata da Joachim Löw.
Le differenze tra i due club sono lievi: se il Borussia può pagare sul piano dell’impatto fisico e dell’esperienza internazionale, la notevole freschezza atletica (rappresentata dalla bassa età media, 24.7 anni contro i 26.1 del Bayern) e il bagaglio tecnico complessivo risultano non certo inferiori a quelli dei bavaresi. Anche la mentalità di fondo risulta abbastanza simile, basata su un gioco corale e fluido che, pur poggiando su precise gerarchie, prescinde dai singoli interpreti in campo. Interessante, da questo punto di vista, risulta lo “scontro generazionale” tra i due tecnici.
Jupp Heynckes, 68 anni appena compiuti, è riuscito a creare in Baviera una struttura solida e ben organizzata, intervenendo sui pochi punti deboli di una squadra già forte rendendola l’attuale corazzata. Al di là delle conferme e smentite che si susseguono riguardo all’ipotesi di chiudere l’attività di allenatore a fine stagione, quel che è certo è che la carriera del tecnico di Mönchengladbach è stata costellata di risultati straordinari, sia da allenatore che da calciatore.
Prima di diventare allenatore, “Osram” (come viene simpaticamente chiamato per la tendenza ad arrossire in volto stile lampadina nei momenti di trance agonistica) ha avuto un grande passato da attaccante, prevalentemente nella squadra della sua città (escluso un triennio tra le file dell’Hannover), raggiungendo traguardi individuali ragguardevoli. I suoi 243 gol in 394 gare ufficiali lo hanno portato a vincere per ben 2 volte la classifica cannonieri della Bundesliga. Oltre a renderlo il recordman di marcature di sempre del Borussia Mönchengladbach, nonché l’unico calciatore di tutti i tempi ad aver vinto la classifica cannonieri di tutte e tre le principali competizioni europee (Coppa Campioni, Coppa Uefa per due volte e la defunta Coppa delle Coppe). Anche i risultati di squadra non furono da meno, sia con i club (4 scudetti, una Coppa di Germania ed una Coppa Uefa) che con la maglia della Germania Ovest (un Europeo ed un Mondiale, con 14 reti in 39 presenze complessive).
Nel 1978, subito dopo il ritiro dal calcio giocato, Heynckes divenne l’allenatore in seconda della squadra della sua città, per poi essere promosso in prima linea l’anno successivo, guidando il club per ben otto stagioni (più una sfortunata quanto breve parentesi nel 2006). Oltre al Mönchengladbach, Heynckes ha fatto la spola tra Germania e penisola iberica, allenando anche Bilbao, Eintracht, Tenerife, Benfica, Schalke 04 e Bayer Leverkusen. Tuttavia, le sue due maggiori esperienze in panchina restano quelle con due grandi del calcio europeo: Real Madrid e Bayern Monaco.
Con i blancos, allenati per una sola stagione, Heynckes riuscì a vincere la Champions League del ’98 (1-0 alla Juventus), oltre ad una Supercoppa di Spagna. Con il Bayern, invece, è stato amore a più riprese: quella attuale è infatti la terza esperienza per il tecnico renano sulla panchina della squadra bavarese. La prima (dal 1987 al 1991) portò alla conquista di due scudetti e due Supercoppe di Germania. 18 anni dopo fu la volta della seconda esperienza, un breve interim (le ultime 5 giornate del campionato 2008-09) in cui sostituì l’esonerato Jürgen Klinsmann e riuscì a far risalire la squadra al secondo posto finale, giungendo a sole due lunghezze dal Wolfsburg vincitore. Dopo due anni alla guida del Bayer Leverkusen, nell’estate 2011 Heynckes tornò al capezzale di un Bayern forte ma da rigenerare, dopo un’annata deludente culminata con l’esonero in aprile di Van Gaal.
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Il resto è storia recente: dopo una prima stagione buona ma costellata di grandi delusioni sulla linea del traguardo (secondo posto in campionato, sconfitte in finale di Champions e di Coppa di Germania), Heynckes ora è pronto a fare filotto.
[ad]Vincere sia la finale di Champions che quella di Coppa di Germania (il 1° giugno contro lo Schalke 04) oltre a portarlo nel ristretto novero di allenatori plurivincitori in Champions gli farebbe segnare un altro record ancora più clamoroso, conquistando ben 4 trofei stagionali (aggiungendo anche la Supercoppa di Germania e la Bundesliga, già vinte), un traguardo che farebbe impallidire persino il Triplete interista di mourinhiana memoria.
Ciò lascerebbe a Pep Guardiola un’eredità scomoda: se da un lato ci sarà la possibilità di proseguire il lavoro di Heynckes inaugurando un lungo ciclo di vittorie, dall’altro ci potrebbe essere il rischio di ritrovarsi una squadra con la pancia piena e dai risultati difficilmente migliorabili.
L’artefice del miracolo sportivo targato Borussia Dortmund è invece il 45-enne Jürgen Klopp. Dopo i primi anni di carriera da calciatore in squadre di secondo livello, Klopp trascorse ben 18 anni al Mainz, i primi 11 da giocatore e i seguenti 7 da allenatore. Nel 2008 fu la volta del grande salto, con l’approdo ad un Dortmund alle prese con una difficile ricostruzione sia tecnica che economica, dopo aver rischiato la retrocessione e il fallimento. L’ingaggio del giovane tecnico di Stoccarda, da questo punto di vista, si è rivelato una mossa azzeccata.
Amante del calcio totale (con modello ispiratore il Milan di Arrigo Sacchi), Klopp ha messo in piedi un gruppo giovane che, abbinando calciatori provenienti da varie realtà del calcio continentale (Polonia in primis) alla possibilità di attingere da un serbatoio pieno zeppo di grandi promesse quali i vivai tedeschi (giovanili giallo-nere comprese, vedasi Götze e Reus), ha gradualmente assimilato una mentalità vincente. Dopo aver conquistato il primo trofeo praticamente all’esordio sulla panchina dei giallo-neri (la Supercoppa di Germania nell’estate 2008, guarda caso ai danni del Bayern), Klopp ha impostato un percorso che, dopo un sesto ed un quinto posto, ha portato il club a vincere due Bundesliga di fila (trofeo che mancava al club da 9 anni) ed una Coppa di Germania, giungendo oggi a giocarsi la finale di CL.
L’età media della rosa a disposizione del tecnico di Stoccarda dimostra quanto tale progetto possa essere “futuribile”, nonostante il possibile addio di alcuni elementi chiave. Tuttavia, molto dipenderà anche dal futuro professionale di uno questi tasselli, vale a dire lo stesso Klopp, che ad oggi ha saggiamente evitato di affrontare pubblicamente l’argomento, per non turbare la concentrazione dei suoi ragazzi, proiettata verso la conquista della coppa dalle grandi orecchie. Nel frattempo, le grandi d’Europa sono già in fila.