Problemi in Scandinavia tra scuola e disoccupazione
In Scandinavia ci sono i problemi di sempre, come la disoccupazione, e ci sono i temi che ritornano, come quello della scuola.
[ad]Danimarca e Svezia, in questo, hanno molto da dire. Ma il dibattito politico scandinavo negli ultimi giorni si è occupato anche di altro. In Norvegia, ad esempio, i sondaggi hanno riaperto porte che sembravano ben chiuse. A Oslo, infatti, il partito socialdemocratico è tornato a sorridere. Secondo i sondaggi pubblicati sul finire della scorsa settimana, i laburisti col 30,2 per cento sono di nuovo il primo partito del paese.
La Destra scivola al 28,7. Dopo mesi, le posizioni si invertono. Ma numeri del genere impongono lo stesso cautela. Per capire quanto siano attendibili bisognerà aspettare un po’.
Quel che è certo, infatti, è che nelle ultime settimane i socialdemocratici hanno potuto contare su una esposizione mediatica più grande del solito, dovuta sia alle riunioni del partito sia ai tanti temi sui quali è stata presa una posizione. Soprattutto sulle tasse e sulla necessità di abbassarle. E che questo sia un capitolo importante lo conferma il fatto che il premier Stoltenberg è tornato sull’argomento a inizio settimana, dichiarando che l’intero sistema tributario va riformato. L’impalcatura fiscale norvegese risale per lo più al 1992: oggi il mondo è cambiato, ha spiegato il premier, è tempo di adeguarsi. Parole traducibili così: le tasse vanno abbassate e noi vogliamo farlo nei prossimi due o tre anni. Insomma la campagna elettorale del partito socialdemocratico pare cominciata sul serio.
La linea del traguardo resta comunque lontana. Lo è nei tempi, considerato che si vota a settembre, ma anche e soprattutto nei fatti. Perché i sondaggi sono chiari: i laburisti saranno anche il primo partito, ma le quattro forze all’opposizione metterebbero insieme ugualmente una larga maggioranza parlamentare, se si votasse oggi.
In Danimarca avremmo un esito elettorale identico. Il governo di centrosinistra sarebbe pesantemente sconfitto dai partiti conservatori. In questi giorni, però, non sono tali numeri a preoccupare l’esecutivo guidato dalla laburista Thorning-Schmidt. In cima alla lista c’è un’altra cifra: 30.000, vale a dire i danesi senza un lavoro che entro l’anno potrebbero perdere anche il sussidio di disoccupazione. Su questo tema a Copenhagen si discute da un bel po’ con tutto il corollario di frizioni all’interno della maggioranza. Alla fine, un risultato c’è stato.
Il governo ha presentato la sua ricetta un paio di giorni fa. In pratica l’esecutivo ha allungato una coperta che, ha spiegato la premier, era stata incautamente accorciata dal precedente governo conservatore, che con una riforma del 2010 aveva ridotto la durata dei sussidi. I soldi verranno recuperati tra l’altro attraverso tagli ai corsi di lingua per gli stranieri. Inoltre ai membri delle A-Kasser (i fondi che forniscono gli aiuti in denaro ai disoccupati) verrà chiesto di versare mensilmente una cifra maggiore. La premier ha annunciato anche l’istituzione di una commissione che dovrà studiare un sistema più efficace di ammortizzatori sociali per chi perdere il lavoro.
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