L’Europa League si è chiusa con il trionfo del Chelsea, che ha battuto 2-1 un Benfica che non ha assolutamente demeritato. Decisivo un gol di Ivanovic a 30 secondi dal fischio finale.
[ad]Per i blues è il secondo trofeo continentale consecutivo, dopo la Champions della scorsa stagione. Per il Benfica, invece, una doppia maledizione.
Quella del 93° minuto, che ha visto i lusitani perdere in 3 giorni praticamente sia campionato (con il gol subito nello scontro diretto contro il Porto, che ha portato questi ultimi al sorpasso in vetta alla classifica, ad una giornata dal termine) che Champions.
E quella di Béla Guttmann (allenatore ungherese del Benfica campione d’Europa nel ’61 e ’62) che, al momento della rottura con la dirigenza, subito dopo aver vinto la seconda coppa, pronosticò per il Benfica 100 anni di delusioni in campo continentale: ne sono passati 51, e quella con il Chelsea è per i lusitani la settima sconfitta consecutiva in una finale europea. Ottava in totale, se si aggiunge l’Intercontinentale persa proprio nel ’62.
Certezze. A parte le finaliste, a meritare una citazione è il Basilea che, nonostante l’eliminazione ai preliminari di CL, ha confermato in EL (con il raggiungimento delle semifinali) le ottime prestazioni fornite nella scorsa Champions, che li aveva visti raggiungere gli ottavi di finale. A dimostrazione di non aver risentito della partenza di un gioiello come Shaqiri, approdato al Bayern l’estate scorsa.
Sorprese. La prima squadra da citare è senza ombra di dubbio il Fenerbahce, club turco giunto sino alla semifinale dopo diversi anni di assoluto anonimato (l’ultimo risultato di rilievo in Europa erano stati i quarti di CL nel 2008), con innumerevoli rimpianti per la gara d’andata contro il Benfica, vera e propria partita stregata con 3 pali ed un rigore fallito. Ottime anche le prestazioni del Viktoria Plzen che, dopo aver vinto il proprio girone precedendo i campioni uscenti dell’Atletico Madrid, ha impartito una vera lezione di calcio al Napoli ai sedicesimi (con un 5-0 complessivo), salvo poi cedere al Fenerbahce agli ottavi.
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[ad]Delusioni. Qui l’elenco è decisamente più lungo. Tra le squadre che avrebbero potuto fare di più, le italiane occupano certamente la prima fila. D’altronde, se l’Italia continua a sprofondare nel ranking, la colpa è anche dell’atteggiamento “snob” assunto nei confronti dell’EL. 5 anni dall’ultima semifinale (Fiorentina nel 2008) e 14 dall’ultimo trofeo (Parma nel ’99, quando si chiamava ancora Coppa Uefa ed esisteva ancora la Coppa delle Coppe) sono davvero troppi.
Prestazioni negative per tutte, eccezion fatta per la Lazio, che ha ben recitato il ruolo di “ammazzatedesche” (eliminando Stoccarda e Borussia Mönchengladbach e cercando di salvare l’onore dinanzi al sempre maggiore divario tra il calcio nostrano e quello teutonico), per poi pagare a caro prezzo gli ultimi dieci minuti del quarto di finale d’andata in casa del Fenerbahce.
Male l’Inter che, nonostante l’eroico ottavo di finale di ritorno in casa con il Tottenham, ha totalmente sbagliato l’approccio nella gara di Londra. Idem l’Udinese che, nonostante un girone di ferro con Anzhi e Liverpool, ha gettato al vento la storica vittoria all’Anfield Road, perdendo poi per due volte con i meno temibili svizzeri dello Young Boys. Malissimo il Napoli, qualificato per il rotto della cuffia nel suo girone e poi letteralmente umiliato dal Plzen. Oltre alle italiane, deludenti anche le prove di squadre come Marsiglia, PSV, Twente, Sporting Lisbona ed Athletic Bilbao (eliminate ai gironi), Lione, Liverpool, Ajax, Atletico Madrid e Bayer Leverkusen (fuori ai sedicesimi), Zenit ed Anzhi (ko agli ottavi). Per non parlare delle disperse CSKA Mosca (vincitrice nel 2005 e ai quarti di finale di CL appena 3 anni fa) ed Apoel (l’anno scorso giunta sino ai quarti di CL), fuori addirittura ai playoff.
Statistiche. L’unica voce in cui il calcio italiano ottiene una piccola rivincita riguarda la classifica marcatori. Il bomber di coppa è infatti il laziale Kozak (con 8 reti in 10 presenze, oltre ai 2 gol negli spareggi), uno score che fa da contraltare alle zero marcature in campionato: come direbbe l’Avvocato Agnelli, un ruolino da “bello di notte”. Dietro all’attaccante ceko c’è un altro “italiano”, il napoletano Cavani (7 reti in 7 gare, con un gol ogni 66 minuti, media straordinaria), a pari merito con uno dei grandi delusi della serata dell’Amsterdam Arena, il bomber del Benfica Cardozo, (autore peraltro del gol del momentaneo 1-1), con 7 reti in 9 partite. Il re degli assist è invece Stocker del Basilea, a quota 7, seguito dall’interista Guarin con 6.