Il movimento Open Data in Italia ha, nel corso degli anni, diffuso “semi di futuro” nel dibattito pubblico battendosi perchè gli Enti Locali e lo Stato centrale rendessero pubbliche le informazioni, di carattere non sensibile, raccolte nella loro attività affinchè queste potessero aumentare il grado di trasparenza della Pubblica Amministrazione e affinchè potessero favorire forme di partecipazione attiva alla vita civile delle nostre città: trasparenza, efficienza, partecipazione sono i tre valori che hanno retto questo impegno che oggi è arrivato ad uno snodo cruciale.
[ad]Fioriscono in tutta Italia infatti portali con dati pubblici aperti e strutturati per poter essere elaborati da dispositivi digitali con iniziative particolarmente avanzate a Torino, a Milano e a Firenze. Molto però resta ancora da fare perchè, come dimostrato in un’importante ricerca di Diritto di Sapere, 3 volte su 4 i cittadini si vedono negare la possibilità di accedere ad informazioni pubbliche: anche nel recente “Decreto Trasparenza” persiste il principio secondo il quale l’interessato deve dimostrare di avere un “interesse legittimo” ad ottenere informazioni pubbliche e non viene abrogato il cosiddetto “comma Andreotti” secondo il quale non costituisce “interesse legittimo” l’accesso generalizzato ai dati raccolti dalla Pubblica Amministrazione.
Lo scorso 14 maggio a Milano abbiamo provato a mettere a confronto su questi temi l’Assessore allo Sviluppo Economico del Comune Cristina Tajani, il Presidente della Consulta Digitale di Assocomunicazione Layla Pavone, consiglieri comunali ed operatori del settore in primo luogo per dare evidenza di come questi fenomeni sono oggetto dell’attività istituzionale dell’ente pubblico ed in secondo luogo per creare un confronto con la filiera del digitale, a Milano particolarmente rilevante.
Le parole dell’Assessore hanno sottolineato alcuni aspetti degli Open Data tutt’altro che banali.
L’obbligo alla pubblicazione dei dati produce un effetto di “trasformazione” all’interno dell’organo burocratico che fa passare il digitale dall’essere una leva di e-government all’essere uno strumento di open-government: un “contagio” interno all’organo amministrativo.
Un momento dell’incontro. Fonte: Crazyfordigitalmarketing
L’iniziativa privata, anche con intenti commerciali, non è alternativa al fenomeno degli Open Data, ma può rivestire un ruolo decisivo nell’andare a realizzare interfacce per la più facile e proficua consultazione di tali dati: sono numerosi i casi di app che aiutano a prendere decisioni sulla base della distribuzione geografica dell’apertura di nuove imprese in una città per esempio. Se correttamente comunicata, questa dimensione allarga la base degli utenti che utilizzano queste informazioni e quindi rende più incisiva la diffusione delle buone pratiche che possono essere portate ad esempio presso altri enti locali.
I consiglieri comunali sono dal canto loro intervenuti per raccontare come il digitale sia entrato nel loro operare quotidiano – per esempio rendendo partecipati i lavori delle commissioni grazie al portale PartecipaMi – o come è stato lo stimolo per pensare a progetti che un tempo non avrebbero potuto essere realizzati pur sottolineando – come ha fatto Marco Cappato – che la Pubblica Amministrazione può diventare davvero aperta solo se cambierà regole non più al passo coi tempi.
Più la Rete verrà percepita e utilizzata non solo come un mezzo di comunicazione, ma come un mezzo di trasformazione del rapporto pubblico – privato, più le persone si abitueranno ad utilizzare Internet in modo produttivo e consapevole con effetti positivi non solo sulla produttività delle imprese, ma anche sulla legittimazione e sul peso della filiera del digitale.