Il difficile rapporto tra Pd e M5S
Il Partito Democratico (Pd) sembra aver dichiarato guerra a Grillo e al suo movimento.
[ad]Il disegno di legge presentato dai senatori democratici Finocchiaro e Zanda intende impedire la partecipazione alle competizioni elettorali ai soggetti privi di personalità giuridica e di statuto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Due requisiti che, casualmente, il Movimento 5 Stelle non possiede.
La norma, sostengono i democrat, non è “contro Grillo”, bensì mira alla “piena attuazione dell’articolo 49 della Costituzione” (“tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”). Tant’è che, come si sono affannati a ripetere, il PD aveva presentato una simile proposta già un anno fa. Come se “un anno fa” mettesse al riparo dal sospetto di voler confezionare una legge “ad movimentum”.
Non è quindi una novità, ma ora il PD fa sul serio. Sia chiaro: difficilmente una proposta di legge simile passerebbe. Per ragioni sia di decenza che di cinico calcolo politico (che vantaggio ne avrebbe il PdL?). Ma la provocazione lanciata dai democratici è chiara. Fa esplodere il conflitto con Grillo e i suoi attivisti. Alimenta il sentimento popolare anti-casta. Rischia di spaccare il PD (Renzi l’ha già criticata). Insomma: un madornale errore tattico. Perfettamente coerente con la linea del PD, quindi.
In un paese normale una legge simile sarebbe considerata non soltanto antidemocratica, ma anche del tutto inutile. In un paese normale un movimento come quello di Grillo non prenderebbe il 25% dei voti. Forse non esisterebbe nemmeno.
Il Movimento 5 Stelle è in qualche modo il prodotto degli errori del centro-sinistra italiano. Che è rimasto stroncato dal ventennio di “contrasto” a Berlusconi.
L’anomalia italiana per eccellenza non poteva non stravolgere profondamente anche il campo avversario: il centrosinistra ha dovuto (e voluto) piegarsi e compromettersi, dando il via libera alla peggiore fase della storia politica italiana. Dove l’inefficienza e l’incapacità decisionale che ha sempre caratterizzato i governi della Prima Repubblica sono state affiancate da un populismo culturale e politico strisciante e dall’impunità (quando non dall’ostentazione) di ruberie e corruttele. Da qui il sentimento anti-casta. Da qui la voglia dei cittadini di attivarsi e mettersi in politica “dal basso”. Da qui l’intuizione e l’iniziativa politica di Grillo e dell’imprenditore Casaleggio.
Il sostrato culturale in cui affonda le radici il M5S è di sinistra. Una sinistra “giovane” e post-ideologica, certamente. Ma i temi dell’etica, dei beni pubblici, della legalità e della partecipazione appartengono in prevalenza a quella parte politica. Se non sul piano dell’ideologia (brutta parola in casa grillina) quantomeno in termini di elettorato. È la sua versione smanettona e un po’ nerd, se vogliamo. Con il beneficio di un’iper-semplificazione, il M5S riempie l’enorme vuoto lasciato a sinistra da un PD terribilmente compromesso con Berlusconi.
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