Questa domenica a Bologna si terrà il referendum, promosso dal comitato referendario “Nuovo comitato Articolo 33”, per decidere se il Comune dovrà continuare o meno ad erogare finanziamenti alle scuole dell’infanzia paritarie.
[ad]Il referendum venne giudicato ammissibile dai garanti del Comune di Bologna lo scorso 24 luglio 2012, stabilendo però che i referendari, per poter effettivamente farlo svolgere, dovevano presentare, a suo sostegno almeno 9mila firme.
Risultato centrato dal comitato organizzatore, che lo scorso 5 dicembre ha consegnato al Comune le firme di 13.500 cittadini. Da segnalare che il referendum in questione è consultivo e, perciò, non richiede un quorum per essere valido.
Ma perché il quesito referendario è al centro molte polemiche ed è arrivato a spaccare il centrosinistra, sia locale che nazionale, con il Partito democratico e il sindaco di Bologna Virginio Merola che parteggiano per l’opzione “B”, e il mondo della sinistra radicale (Sel, Rifondazione comunista, Comunisti italiani, Italia dei valori) più il Movimento 5 Stelle a sostegno dell’ipotesi “A”?
L’oggetto del referendum è il seguente: “Quale fra le seguenti proposte di utilizzo delle risorse finanziarie comunali che vengono erogate secondo il vigente sistema delle convenzioni con le scuole d’infanzia paritarie a gestione privata ritieni più idonea per assicurare il diritto all’istruzione delle bambine e dei bambini che domandano di accedere alla scuola dell’infanzia?
a) utilizzarle per le scuole comunali e statali;
b) utilizzarle per le scuole paritarie private.
Illustri esponenti della politica nazionale si sono schierati per l’una o per l’altra ipotesi. A sostegno della conferma del finanziamento alle scuole private si trovano Maurizio Sacconi, il ministro Anna Maria Bernini e il neo-sottosegretario all’Istruzione Toccafondi a destra, mentre per il centrosinistra la senatrice bolognese Pd Francesca Puglisi e, da ultimo, un big come Romano Prodi, che dichiara: “Se, come spero, riuscirò a tornare in tempo da Addis Abeba, domenica prossima voterò sui quesiti riguardanti le scuole dell’infanzia e voterò l’opzione B. Il mio voto è motivato da una semplice ragione di buonsenso: perché bocciare un accordo che ha funzionato bene per tantissimi anni e che, tutto sommato, ha permesso, con un modesto impiego di mezzi, di ampliare almeno un pò il numero dei bambini ammessi alla scuola dell’infanzia e ha impedito dannose contrapposizioni? Ritengo che sia un accordo di interesse generale.”
Anche l’ex ministro Luigi Berlinguer (Pd), padre della riforma sulle scuole paritarie (L. 62/2000) attacca il comitato referendario, con l’accusa di aver proposto una consultazione tutta ideologica: “si corre il rischio di perdere il servizio scolastico e con esso l’uguaglianza sostanziale delle opportunità: questa sì è una violazione del diritto costituzionale all’istruzione. Perché il più grande e innovativo principio della nostra Costituzione, come mirabilmente sottolineato da Sabino Cassese nel commentario alla Costituzione, è proprio la realizzazione dell’uguaglianza sostanziale (art. 3, capoverso 2). In effetti, il referendum di Bologna pone l’accento lontano dalla questione sociale della scuola, confondendo il concetto di statuale con quello di pubblico, con la conseguente rinuncia a sollecitare e a battersi per estendere al massimo il servizio e per qualificarlo sempre più”.
(Per continuare la lettura cliccate su “2”)
[ad]Sul versante opposto sta invece Nichi Vendola, che ha avuto nei giorni scorsi un duro scontro col sindaco democratico Merola, il quale aveva dichiarato in un’intervista radiofonica: ”non mi aspettavo da Nichi Vendola questa incoerenza: sia coerente e faccia in Puglia quello che chiede di fare a Bologna.
Siccome la Regione Puglia prevede i finanziamenti alle scuole paritarie private direi che è una strumentalizzazione vergognosa di una persona che ritiene di essere un leader nazionale”. La replica del governatore della Puglia non si è fatta attendere: ” Trovo piuttosto sgradevole il cinismo politico di un sindaco che sembra terrorizzato dai propri concittadini e apre, a freddo, una polemica sopra le righe con me. Sta forse chiamando alle armi la destra bolognese? Questo è il merito della questione (a parte il deficit di buona educazione e di senso del limite)’’. “Mi riesce difficile spiegargli – continua Vendola – che io non sono il dittatore della Puglia e che spesso le mie opinioni non coincidono con quelle del Consiglio regionale”.