Istat Disoccupazione in aumento rallenta l’export
Più tasse e meno lavoro. Salgono i prezzi, scendono i consumi. E’ il quadro a tinte fosche tratteggiato dall’Istat nel Rapporto annuale 2013 che certifica impietosamente con il crisma dei numeri e delle statistiche le difficoltà che attraversa il nostro sistema-Paese. La crisi dell’economia reale non accenna a allentare la morsa sulla carne viva di lavoratori e contribuenti, consumatori e investitori, mentre la tenuta sociale mostra ulteriori sintomi di fragilità. Sono 15 milioni gli italiani che versano in condizioni di disagio o di deprivazione, mentre sono sempre di più le famiglie che dichiarano di diminuire la spesa per gli alimentari.
[ad]E’, però, il lavoro a far registrare i dati più preoccupanti, posizionandosi ancora in cima ai pensieri degli italiani. Il tasso di disoccupazione è, infatti, aumentato vertiginosamente dall’8,4% del 2011 all’11,5% nel mese di marzo del 2013, ma il 2012 si è rivelato essere vero annus horribilis per l’occupazione giovanile. Nella fascia tra 15 e 29 anni sono più di due milioni coloro che non studiano né lavorano, mentre cresce il numero dei giovani che un lavoro ormai neppure lo cercano più, sopraffatti dalla delusione, dalla rassegnazione e tentati dalla fuga all’estero. Rispetto al 2008, ultimo anno prima dell’avvitamento sull’economia italiana della crisi finanziaria internazionale, la disoccupazione giovanile ha conosciuto un’impennata costante schizzando all’attuale 25,2 % con punte del 37% nel Mezzogiorno e tra i giovani con titolo di studio basso, confermando l’Italia ai vertici, tra i paesi europei, di questa speciale classifica tutta in negativo.
Periste il gap di genere nei livelli occupazionali che nelle regioni del sud sfora il muro dei 25 punti percentuali di differenza nonostante per le donne il tasso di occupazione sia aumentato dello 0, 6 % rispetto al 2011. Ma il dato che meglio testimonia lo stato di sofferenza perdurante del mercato del lavoro è quello relativo alla crescita dei disoccupati di lungo periodo, persone, cioè, che cercano invano lavoro da più di 12 mesi. Il Belpaese si conferma, poi, pecora nera anche per quanto riguarda il livello di pressione fiscale che ha raggiunto ormai il 44% a fronte di servizi che la maggioranza degli italiani non esita a definire insoddisfacenti o comunque non adeguati al livello di tasse versate.
A rendere ancor più fosco lo scenario è la sostanziale continuità delle tendenze negative di quasi tutti i fondamentali macroeconomici, con un trend in negativo che nel 2012 e nei primi mesi del 2013 ha conosciuto un‘ulteriore accelerazione, con prospettive future che non sembrano più di tanto incoraggianti visto che nel primo trimestre del nuovo anno si sono manifestati “segnali di perdurante debolezza dell’attività economica”.
Cattive notizie anche sul fronte commerciale dove l’export, tradizionale volano di sviluppo delle produzioni manifatturiere italiane, subisce un rallentamento della crescita rispetto agli anni precedenti, mentre calano in modo secco le importazioni, effetto della debolezza della domanda interna. Tra tanti dati con il segno in giù, l’unica nota positiva proviene dallo stato dei conti della finanza pubblica con il rapporto deficit/Pil tornato al di sotto della soglia del 3%, cui molto ha contribuito l’aumento del prelievo fiscale sopportato dalle famiglie italiane.
di Gianni Parlatore