Squinzi lancia l’allarme “Italia indietro di 50 anni”
Nell’assemblea annuale di Confidustria, il presidente degli industriali, Giorgio Squinzi, delinea un quadro a tinte fosche per il nostro paese. “Ciò che manca è il tempo, bruciato nelle parole spese vanamente, perchè il Nord è sull’orlo di un baratro economico che trascinerebbe tutto il nostro Paese indietro di mezzo secolo, escludendolo dal contesto europeo che conta. E’ questo quello che vogliamo?.”
[ad]La madre di tutte le questioni è la mancanza di lavoro: “va affrontata in maniera strutturale e con equilibrio, intervenendo sul costo, produttività e regole. Le imprese sono pronte a supportare l’azione del governo con investimenti e occupazione”.
Il problema principale – aggiunge Squinzi – in aggiunta al lavoro, è il fisco, che oltre ad essere “punitivo, è opaco, complicato, e incerto nella norma. Un fisco che è quanto di peggio si possa immaginare e che scoraggia gli investimenti e la crescita.”
Per il leader degli industriali, quindi, occorre intervenire riducendo “il cuneo fiscale, al 53% nel 2012, eliminando il costo del lavoro dalla base imponibile Irap e tagliando di almeno 11 punti gli oneri sociali che gravano sulle imprese manifatturiere”.
Un passaggio importante è l’invito alle forze sindacali per un percorso comune, sollecitando la loro collaborazione per una riforma del welfare. Sottolinea “la necessità di ripensare il nostro sistema delle tutele», di cambiare un modello messo in discussione dalle ristrettezze di bilancio pubblico, dall’evoluzione demografica e dal mutamento della domanda dei cittadini”. È, dice Squinzi, questo “il terreno su cui forze sociali moderne, non conservative devono confrontarsi e offrire soluzioni innovative alle istituzioni, ai cittadini, ai lavoratori.”
Infine, rivolgendosi questa volta direttamente al governo, numericamente molto rappresentato in sala (il premier Letta, il ministro dell’Economia Saccomanni, della Difesa Mauro, dell’Interno Alfano, dello Sviluppo economico Zanonato, del Lavoro Giovannini): “Serve una tregua politica solida: dateci stabilità politica, una convinta adesione all’Europa, una serie di riforme per uno Stato amico e saremo un grande moltiplicatore della nostra creatività e capacità di fare industria. Ci aspetta un grande impegno comune: fare una nuova Italia, europea, moderna aperta. Le riforme non sono più rinviabili a partire dalla legge elettorale”. avverte. E garantisce: “Se questo sarà il governo della crescita noi lo sosterremo con tutte le nostre forze”.
Dopo l’intervento di Squinzi, ha preso la parola il presidente del consiglio Enrico Letta, che ha invitato gli iscritti a Confindustria a riprendersi la leadership industriale del Paese e garantito di essere dalla stessa parte delle aziende. “Oggi – ha spiegato – possiamo dire che è finito il girone di andata, che è durato per più di un decennio, quando si è pensato che l’Italia e l’Europa potessero fare a meno dell’industria”. Il premier ha messo ai primi posti dell’agenda “la sfida sul lavoro giovanile.
Ha poi detto che “forse in ritardo, ma la politica ha imparato la lezione”, eliminando il doppio stipendio dei ministri-parlamentari e proseguito: “Continueremo su questo tema con l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, con la riduzione del numero dei parlamentari e con le riforme istituzionali tese a cambiare la politica.” L’impegno dell’esecutivo è assicurato: “Non so se ce la faremo, ma ce la metteremo tutta”.