Renzi propone a Conte un patto di governo

Pubblicato il 11 Maggio 2020 alle 14:09 Autore: Duilio Rega
obama

Non solo Covid-19: un altro terremoto, questa volta di natura puramente politica, sta scuotendo il Governo. Cosa accade all’interno della maggioranza? La tenuta del Conte II è da ritenersi a rischio? Per rispondere a queste domande occorre fare il punto sulla trattativa in atto tra il Premier Giuseppe Conte e il partito di Matteo Renzi, su cosa e perché si sta discutendo.

Il peso di Italia Viva in Parlamento e al Governo

A partire dalla sua recentissima fondazione, il partito di Matteo Renzi ha acquisito sempre più peso all’interno dell’attuale maggioranza di governo. Per dare un valore al “potere contrattuale” di Italia Viva al tavolo delle trattative risulta quindi essenziale quantificare tale peso.

Gli esponenti di Italia Viva con incarichi di governo sono 3: il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Teresa Bellanova, il ministro (senza portafoglio) per le Pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti e il sottosegretario di Stato agli Affari esteri e alla cooperazione internazionale Ivan Scalfarotto. Va però precisato che tali nomine sono precedenti alla formazione di Italia Viva, avvenuta il 18 settembre 2019: Bellanova, Bonetti e Scalfarotto vennero infatti nominati il 13 settembre, in qualità di membri del Partito Democratico.

Alla Camera dei deputati il sostegno del partito di Renzi al governo risulta importante ma non imprescindibile. Su un totale di 630 seggi, infatti, per governare è sufficiente poter contare su almeno 316 deputati: l’attuale maggioranza ne conta invece 357, di cui 30 renziani, dunque anche senza l’apporto di IV il governo sopravvivrebbe grazie ai 327 seggi rimanenti. Attenzione, però, perché in tal caso diverrebbe essenziale evitare ulteriori defezioni da parte dei 23 deputati del Gruppo Misto: se tra questi ultimi, infatti, in 12 decidessero di ritirare il proprio appoggio al governo, il destino del Conte II sarebbe irrimediabilmente segnato.

Al Senato, invece, dove per la maggioranza assoluta sono necessari 161 seggi su un totale di 320, il peso specifico di Italia Viva aumenta. Il governo può infatti contare su 170 senatori, di cui 17 appartengono al gruppo IV – PSI; di conseguenza, se l’apporto dei renziani dovesse venir meno, i 153 seggi su cui continuerebbe a reggersi il governo finirebbero per rappresentare di fatto una minoranza.

La proposta per regolarizzare i migranti

Il tema che ha scoperchiato il vaso di Pandora dei contrasti tra Italia Viva e gli alleati di governo, in particolare il Movimento 5 Stelle, è la proposta del già citato ministro Bellanova di regolarizzare, per almeno 6 mesi, gli oltre 600 mila migranti irregolari che attualmente vivono e lavorano nel nostro Paese. Questi ultimi, sprovvisti di permesso di soggiorno e degli altri documenti necessari al loro riconoscimento, sono privi di qualunque tutela in ambito lavorativo.

Oltre la questione dei diritti umani, alla base di questa proposta ci sarebbero anche ulteriori motivazioni sul piano sanitario e su quello lavorativo: senza la regolarizzazione invocata dal ministro Bellanova, infatti, lo Stato correrebbe il rischio che una platea decisamente troppo ampia di persone sfugga a qualunque tipo di controllo (e di cura) fondamentale per contenere l’emergenza Covid-19; inoltre, sempre a causa dell’emergenza sanitaria, nel settore agroalimentare potrebbe venire a mancare la manodopera necessaria e in tal caso la produzione subirebbe un ulteriore shock negativo insopportabile per l’Italia a livello economico.

Questa proposta, oltre a suscitare le ire di parte dell’opposizione (Lega e Fratelli d’Italia), si è fin da subito scontrata con il parere negativo del M5S. Teresa Bellanova ha quindi minacciato le proprie dimissioni, delusa per quello che ha percepito come un tentativo di ostacolare il suo contributo al governo. In seguito, con l’apertura del tavolo delle trattative, l’ipotesi delle dimissioni sembra essere venuta meno e si dovrebbe pertanto giungere ad una soluzione di compromesso.

Il patto di governo e la mozione di sfiducia a Bonafede

Matteo Renzi, consapevole delle difficoltà che il governo incontrerebbe nel mettere in piedi una nuova maggioranza senza Italia Viva ma anche della volontà del premier Conte e del M5S di scongiurare un ritorno alle urne (per il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella questa è l’unica ipotesi in caso di crisi di governo), sembra quindi avere tutte le intenzioni di far valere il potere politico del proprio partito per correggere la direzione intrapresa negli ultimi tempi dal Conte II. Da qui la proposta fatta pervenire al premier di “un patto di governo per far ripartire l’Italia”.

La risposta di Giuseppe Conte non si è fatta attendere: nonostante le voci su un possibile subentro di Forza italia al posto di IV in maggioranza, il Presidente del Consiglio si è detto disposto a dialogare ed a favorire il raggiungimento di un compromesso, mostrando apertura verso il contributo di ogni forza politica facente attualmente parte della maggioranza di governo. 

Ma in cosa consiste di preciso l’accordo invocato da Renzi? L’ex segretario del PD spinge per un compromesso sulla regolarizzazione dei migranti il più vicino possibile alla proposta originaria del ministro Bellanova, per un’accelerata sul cosiddetto “Piano Shock” (il programma lanciato da IV lo scorso novembre per sbloccare 120 miliardi di euro necessari a far ripartire i cantieri delle opere pubbliche attualmente fermi per motivi principalmente burocratici) e infine per una nuova linea nella politica industriale, negli investimenti su scuola e famiglie e soprattutto nella giustizia, diversa da quella tenuta fino ad ora dal ministro Bonafede (M5S); tutto ciò andrà messo nero su bianco, in un documento che dovrà essere varato dal premier Conte stesso.

Il banco di prova di questo patto di governo sarà proprio la mozione di sfiducia verso il ministro Bonafede, presentata nei giorni scorsi dall’opposizione. Renzi si aspetta un’assunzione ufficiale di impegno e responsabilità da parte di Conte entro la data in cui tale mozione, non ancora calendarizzata, verrà votata in Parlamento: quel giorno, al centro dell’attenzione non ci sarà dunque soltanto l’operato del ministro della Giustizia ma anche quello del “mediatore” Conte, il cui futuro come capo del governo è ancora tutto da scrivere.