Vincere le elezioni ottenendo il peggior risultato da oltre cento anni. È successo in Danimarca, è successo ai socialdemocratici che tornano al governo. Il nuovo primo ministro danese è Helle Thorning-Schmidt e sarà la prima donna a guidare il paese nella storia danese. Le elezioni da questo punto di vista non hanno riservato sorprese. La vittoria dei socialdemocratici era praticamente annunciata. Per mesi i sondaggi avevano piazzato il blocco di centrosinistra in vantaggio e proprio riguardo ai numeri dalle urne sono usciti esiti interessanti. I socialdemocratici vincono senza essere il primo partito, e vanno al governo grazie al sostegno degli alleati. Che a questo punto non potranno non dire la loro nella formazione del nuovo governo.
[ad]I numeri, appunto, cominciando da quelli dell’affluenza: 87,7%, oltre un punto in più rispetto a quattro anni fa. Fino a poche ore prima del voto, i sondaggi assicuravano al blocco di centrosinistra un vantaggio rassicurante: 92 seggi su 179, al centrodestra ne dovevano rimanere83. Inrealtà le cose sono andate diversamente. La vittoria della lista guidata dai socialdemocratici non è mai stata in dubbio (gli exit poll nel corso del pomeriggio del 15 settembre hanno confermato la vittoria della sinistra) ma la forbice tra i due schieramenti si è stretta ora dopo ora. Alla fine allo schieramento guidato da Helle Thorning-Schmidt sono andati 89 seggi, a quello di centro-destra 86.
I socialdemocratici si sono fermati al 24,9%, un risultato che entra di diritto nella storia: mai dal 1903 i laburisti erano andati così male nelle elezioni politiche. Anche nel 2007, guidati proprio da Helle Thorning-Schmidt, i socialdemocratici avevano fatto meglio, ottenendo il 25,5% dei consensi. Primo partito in Danimarca si confermano i Liberali dell’ormai ex premier Lars Løkke Rasmussen: 26,7% dei voti, con un incremento dello 0,3% rispetto a quattro anni fa. A decretare la sconfitta del blocco di centro-destra è stato il clamoroso scivolone dei Conservatori, che sono crollati dal 10,4% al 4,9%. Anche il Partito Popolare Danese (formazione di destra che ha assicurato in questi anni un appoggio esterno al governo Rasmussen, ma che con Rasmussen aveva avuto qualche screzio proprio poco prima del voto) ha perso qualcosa per strada, scendendo di circa mezzo punto e fermandosi al 12,9%.
Che sarebbero state elezioni decise dai partiti di secondo piano del resto lo si sapeva. E così è stato. Perché a far pendere la bilancia dalla parte dei socialdemocratici sono stati gli alleati.La SinistraRadicaledi Margrethe Vestager è salita dal 5,1% al 9,5%, conquistando otto seggi in più. Meglio ha fatto Johanne Schmidt-Nielsen, leader dei Rosso-Verdi, che rispetto al 2007 è passata dal 2,2% al 6,7%. Qualcosa ha perso il Partito Popolare Socialista guidato da Villy Søvndal, passato dal 13% al 9,2%. Ed è proprio questo 9,2% che potrebbe produrre effetti politici importanti Il Partito Popolare Socialista infatti non è più l’alleato principale dei socialdemocratici, ma è stato superato dalla Sinistra Radicale. Difficile che Helle Thorning-Schmidt non ne terrà conto quando si tratterà di dar vita alla sua squadra di governo. Se la neo premier è stata abile a costruire un’alleanza con questi partiti, ora dovrà dimostrare di essere altrettanto abile a gestire rapporti che sulla carta non si preannunciano facili
Rimangono comunque elezioni storiche. Elezioni dominate dalle donne. Helle Thorning-Schmidt primo ministro; Johanne Schmidt-Nielsen e Margrethe Vestager in un governo dove avranno voce in capitolo, eccome. I giornali danesi lo hanno scritto a caratteri cubitali: è stata una vittoria delle donne
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[ad]Politicamente si chiude una fase. In Danimarca la destra è al governo dal 2001, quando il liberale Anders Fogh Rasmussen successe al socialdemocratico Poul Nyrup Rasmussen. Dieci anni di governo di centro-destra, quindi, con la staffetta tra Anders Fogh Rasmussen (ora segretario della Nato) e Lars Løkke Rasmussen (che ha preso il suo posto nell’aprile 2009). Ora tocca a Helle Thorning-Schmidt.
La vera partita il nuovo governo la giocherà sul tavolo dell’economia, e non sarà una partita facile. Il paese scandinavo non se la passa bene.La Danimarcaha conosciuto la recessione nel quarto trimestre del 2010: una recessione che avrebbe riguardato anche il primo trimestre del 2011 se le stime di crescita non fossero state poi corrette a una crescita dello 0,1%. E’ solo nel secondo trimestre che qualcosa di concreto si è mosso: +1% nel Pil, grazie alle esportazioni e alla crescita degli investimenti. Ma le finanze non sono del tutto in ordine e il settore bancario è in sofferenza. Secondo le stime del governo presentate a fine agosto, quest’anno ci si aspetta un deficit al 3,8% e il prossimo anno al 4,6%. In più c’è la disoccupazione, nel mese di luglio arrivata al 6,1%. I danesi senza lavoro sono 163mila. Dall’inizio della crisi economica, nell’agosto del 2008, i disoccupati in Danimarca sono più che raddoppiati. Gli elettori danesi hanno scelto la ricetta socialdemocratica: stabilità dello stato sociale, investimenti, crescita. Helle Thorning-Schmidt dovrà vincere la sfida dell’economia, se vorrà davvero conquistare i danesi.