E’ sempre la giustizia il fronte più caldo del dibattito politico e quello che attualmente sembra più stare a cuore al Pdl e al suo leader. Dai cassetti delle commissioni parlamentari salta fuori un’altra iniziativa dal potenziale esplosivo e destinata senza ombra di dubbio a sollevare un vespaio di polemiche, accuse reciproche, sospetti mai sopiti.
[ad]Dopo il tentativo, subito abortito, di un disegno di legge per dimezzare le pene per i colpevoli del reato di concorso esterno in associazione mafiosa da parte del senatore pidiellino Luigi Compagna e ritagliato quasi su misura per l’imputato eccellente Marcello dell’Utri ( già condannato in appello a sette anni dal Tribunale di Palermo ) in attesa del verdetto definitivo della suprema Corte di Cassazione, è adesso il momento del “salva-Silvio” o, se si preferisce, del “blocca-Ilda”. E la firma apposta su questa proposta di legge, che inizierà ad essere discussa domani mattina, è ancora più pesante: è quella, infatti, del presidente della commissione Giustizia del Senato, ed ex Guardasigilli durante l’ultimo governo Berlusconi, Francesco Nitto Palma.
Il ddl prevede provvedimenti disciplinari per i magistrati che si rendano autori di estrenazioni in grado di pregiudicarne l’imparzialità o che assumano qualsiasi tipo di comportamento che non li faccia apparire come tali. Oltre alla sanzione per dichiarazioni che “per il contesto sociale, politico o istituzionale in cui sono rese, rivelano l’assenza dell’indipendenza, della terzietà e dell’imparzialità del magistrato”, le toghe subirebbero – secondo il contenuto dell’articolato della proposta – anche la sospensione per sei mesi dei dibattimenti di cui sono titolari e il trasferimento d’ufficio dei loro procedimenti.
Non tutto il Pdl questa volta, però, sembra compatto a sostegno della nuova iniziativa legislativa in materia di rapporti tra politica e giustizia. Secondo Sandro Bondi, uno dei tre ex coordinatori nazionali del partito e da sempre fedelissimo berlusconiano, il progetto di legge è inopportuno perché rischia di “creare ulteriori problemi al presidente Silvio Berlusconi” e non adatto ad un “serio tentativo di riforma complessiva del sistema giudiziario italiano”.
Il testo presentato da Nitto Palma conduce immeditamente a valutare eventuali conseguenze, in caso di approvazione, sui procedimenti milanesi attualmente pendenti sulla sorte giudiziaria del capo del Pdl. Non è un mistero, infatti, che il Cavaliere, i suoi legali e gran parte delle truppe del partito considerino la procura di Milano, e il pm Boccassini in testa, un soggetto politicamente e pregiudizialmente ostile. L’avvocato-deputato Nicolò Ghedini e lo stesso Berlusconi hanno più volte dichiarato la loro mancanza di fiducia nei confronti della terzietà e dell’imparzialità con cui l’ex presidente del consiglio viene inquisito e giudicato nel capoluogo lombardo. Anche l’ultima mossa di richiesta di spostare i procedimenti in corso da Milano a Brescia è stata però stroncata dai giudici della Cassazione. E adesso il ddl sullo stop ai processi per i pm politicizzati, una strada che il centro destra aveva già cercato di percorrere con la legge-Cirami del 2002 sul legittimo sospetto per la ricusazione di organi giudicanti dalla dubbia imparzialità, ma il cui effettivo utilizzo venne, però, anche in quegli anni diverse volte bloccato dalle toghe del Palazzaccio.