Pochi giorni fa è trapelato un rapporto ONU sulla presenza in Libia di circa un migliaio di mercenari russi appartenenti al Wagner Group (entità paramilitare russa la cui presenza era stata già registrata nei conflitti in Ucraina e Siria) per dare supporto al generale Haftar.
Questa organizzazione, formata in gran parte da veterani ed ex militari dell’esercito regolare russo, in teoria si occupa di sicurezza privata in luoghi come miniere o giacimenti di greggio. Ma la realtà, secondo non solo il rapporto delle Nazioni Unite ma anche a detta di Jim Jeffrey l’inviato speciale USA per la Siria, è che essa rappresenti il braccio armato di Mosca in scenari nei quali il Cremlino vuole evitare di esporsi eccessivamente e soffrire troppe perdite.
Le recenti preoccupazioni riguardanti tale organizzazione non nascono dalla semplice presenza sul territorio (fatto ben noto da oltre un anno) ma dai segnali che indicano una volontà di intensificare il numero di unità (e a quanto pare non solo di mercenari russi ma anche di altre milizie forse siriane) sul suolo libico passando per l’intermediazione del presidente siriano Bashar Al Assad.
In Libia il conflitto è portato avanti principalmente da gruppi di miliziani, solitamente formati da circa 500 unità, che intraprendono azioni su scala ridotta anche a causa del loro armamento non tecnologicamente molto avanzato. In questo contesto l’inserimento di una forza numerosa ben addestrata e soprattutto dotata di armamenti tecnologicamente avanzati può rompere l’equilibrio e mutare le sorti del conflitto molto in fretta.
Altra preoccupazione espressa chiaramente da Henry Wooster, vicesegretario aggiunto presso l’Ufficio degli affari del Vicino Oriente del Dipartimento di Stato, è che la sempre maggiore presenza di tali forze mercenarie (incaricate inoltre di addestrare le milizie di Misurata) incoraggi il generale Haftar a intraprendere sempre più azioni militari contro il governo di Tripoli presieduto da Al Serraj deviando risorse da ciò che per gli USA rappresenta la priorità e cioè la lotta al terrorismo.
Dal canto suo la Russia ufficialmente continua ad avere rapporti diplomatici con entrambe le fazioni (Tripoli e Misurata), negando ovviamente ogni coinvolgimento diretto del governo.
In conclusione, un tale incremento dell’attività può essere dovuto oltre alle aspirazioni di Mosca di diventare protagonista non solo nel teatro siriano ma in generale nel Mediterraneo anche alla volontà di stabilizzare ed esercitare una decisiva influenza in un Paese che nonostante il perenne stato di guerra in cui si trova dal Febbraio 2011 è capace di produrre circa un milione e mezzo di barili di petrolio al giorno influenzando non poco il mercato petrolifero.