Cara Debora: se non ora, quando?

Pubblicato il 13 Giugno 2009 alle 19:00 Autore: Eugenio Angelillo
Cara Debora: se non ora, quando?

Il PD e’ come una di quelle macchine che ogni tanto si vedono nei film, alla fine di una rovinosa discesa, coi freni rotti, il cambio ridotto in briciole, il volante che va un po’ a destra, un po’ a sinistra per i fatti suoi, il cui conducente per un miracolo della buona sorte o per la sua abilita’ di pilota ha evitato all’ultimo momento di finire nel dirupo, e ora sta li’ con un paio di ruote penzolanti sull’orlo del baratro, ma ancora dondolante pericolosamente.

Eppure i passeggeri si agitano senza costrutto, a meta’ tra il sollievo per lo scampato pericolo e la paura di cascarci ancora, in quel dirupo. Solo che tutta questa agitazione rischia effettivamente di far cadere la macchina nel baratro.

Sono momenti strani: ci vuole raziocinio, ma anche coraggio. Invece se ancora un minimo di  raziocinio c’e’, e’ il coraggio che manca.

Manca il coraggio di abbandonare definitivamente le vecchie case, sperando di trovare rifugio tra le vecchie, decrepite mura, ancorche’ gloriose. Mura decrepite, poi, non per uno strano fato di un destino cinico e baro, ma perche’ picconate dall’interno dai medesimi che ora le guardano come rifugio.

L’esito piu’ ferale per il PD sarebbe a questo punto un ricompattamento specioso dietro un candidato unico, il solito volemose bene pre-congressuale, che poi sfocerebbe nella solita guerra di logoramento post-congressuale. Veltroni docet.

Invece il PD ha assolutamente bisogno di uno scontro interno, da cui si esca con vincitori e vinti, con una linea chiara e ben definita e con un segretario che la faccia seguire a tutto il partito.

E’, ribadisco, una scelta razionale e coraggiosa allo stesso tempo, perche’ non si puo’ sopravvivere tra le ambiguita’.

Ed e’ anche una chiamata a chiunque abbia il coraggio di farsi avanti, ad una nuova classe dirigente che si affermi non per cooptazione, ma sul campo, sfidando i padri a viso aperto, magari subendo anche una sconfitta, ma costruendo una base per il futuro.

Ed e’ anche il momento di una proposta che, non dico infiammi i militanti e gli elettori, ma che li rivitalizzi, che susciti emozioni, che smuova emotivamente il corpo di un partito timoroso e spaventato, privo di ragioni per la sua stessa esistenza.

Per tutti questi motivi, da semplice militante del PD, vorrei che  Debora Serracchiani si candidasse da sola alla segreteria, lanciasse un’OPA ostile su questo partito e lo conquistasse al congresso.

La vecchia dirigenza e’ indebolita e ferita, ma ancora forte sebbene le crepe siano vistose. Non sara’ certo una passeggiata di salute, ma le leadership si costruiscono sul campo, o non le si costruisce affatto. Credo che la Serracchiani si trovera’ accanto tanti militanti, ma soprattutto il popolo dell’Ulivo.

Debora e’ tra i miei amici di Facebook, ma dubito che mi legga, ciononostante le vorrei fare una domanda.

Cara Debora: se non ora, quando?