L’economia in affanno e i disordini in Svezia
In Svezia gli scontri per le strade di Stoccolma, in Danimarca e in Finlandia l’economia che non gira: eccoli i temi della settimana in Scandinavia.
[ad]Mentre nei sobborghi della capitale svedese polizia e giovani per lo più immigrati si fronteggiavano notte dopo notte, a Copenhagen e a Helsinki si mettevano nero su bianco numeri e percentuali per niente incoraggianti.
Ora in Svezia sembra tornata la calma. Nei giorni scorsi qualche disordine s’è registrato pure a Örebro, Gävle, Växjö, Linköping, ma nulla di paragonabile a quanto accaduto nella capitale. Già, ma cosa è accaduto a Stoccolma?
C’è chi ha parlato di razzismo, c’è chi ha parlato del fallimento del modello svedese, ma il vero problema è il lavoro che non c’è. La maggior parte dei ragazzi che si sono scontrati con la polizia erano ventenni senza un impiego e con un basso livello d’istruzione. A Husby (il sobborgo dal quale è partita la protesta) la percentuale di persone che vivono grazie ai sussidi statali è tre volte la media di Stoccolma, ha sottolineato l’agenzia Bloomberg. E questo la dice lunga. Insomma ci si muove su più terreni: sociale, economico ed inevitabilmente politico.
Ha stupito in questo senso il silenzio quasi totale del premier Reinfeldt, che praticamente non s’è spinto oltre gli inviti alla calma. Nessuna proposta per risolvere le questioni in ballo nelle periferie, il governo sembra non avere una ricetta per le decine di sobborghi che circondano le grandi città del paese. Anche le dichiarazioni di Anders Borg, ministro delle Finanze ma anche e soprattutto personalità di spicco del centrodestra, danno la stessa impressione: occorre dare più risorse alla polizia affinché la legge venga rispettata, ha detto, ma temi come istruzione e integrazione arrivano solo in seconda battuta.
Un clima, questo, che potrebbe giovare ai Democratici Svedesi (partito apertamente contrario alla società multiculturale) che infatti hanno tuonato: “È l’irresponsabile politica sull’immigrazione che ha portato a queste lacerazioni nella società svedese”. Basterà aspettare i prossimi sondaggi per capire quanto una settimana di tafferugli notturni nelle periferie di Stoccolma ha pesato politicamente.
Mentre la Svezia si ritrovava incastrata tra disordini di piazza e dubbi sulla propria identità, nelle vicine Finlandia e Danimarca si discuteva di economia. L’aria che tira non è delle migliori. In Finlandia ad esempio la fiducia dei consumatori è in calo rispetto a un anno fa. A preoccupare sono l’aumento della disoccupazione, le previsioni di crescita, l’instabilità della zona euro.I finlandesi si guardano intorno e ciò che vedono non li tranquillizza. Probabile che questo abbia influito anche sul giudizio negativo nei confronti del governo: stando ai sondaggi, il Partito di Centro che sta all’opposizione oggi è la principale forza del paese. Partito di Coalizione Nazionale e Socialdemocratici, che il governo lo guidano, perdono posizioni.
A Copenhagen i problemi economici sono gli stessi. Le previsioni del governo sono meno buone di quanto si era immaginato: quest’anno il Pil dovrebbe crescere dello 0,5 per cento, ben al di sotto dell’1,2 stimato lo scorso dicembre. Resta l’aspettativa di un +1,6 per il 2014, ma l’anno venturo è lontanissimo nell’immaginario dei danesi. In Svezia il Pil nel primo trimestre di quest’anno ha fatto segnare un incremento dello 0,6 per cento rispetto all’ultimo trimestre del 2012, ma Bruxelles suggerisce a Stoccolma di tenere sotto controllo l’indebitamento delle famiglie. Insomma mezzi sorrisi e facce cupe.
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