La proposta di Giachetti, deputato PD, di tornare al “Mattarellum” agita il Governo. Diciotto mesi. Questo è il limite massimo stabilito dal Premier Letta per concludere l’iter delle riforme costituzionali con riferimento particolare alla legge elettorale.
[ad]La strada, dopo lo scontro sul testo proposto alla Camera da Giachetti, sembra impervia e lastricata di mine pronte ad esplodere alla minima vibrazione.
Dopo l’approvazione alla Camera ed al Senato del testo bipartisan in cui si specifica che, entro giugno, il Parlamento presenterà il disegno di legge costituzionale volto ad indicare le procedure per la modifica della Costituzione, il governo inciampa per l’ennesima volta e, a scatenare il putiferio, è la proposta di tornare al Mattarellum proposto da Giachetti e firmato da 43 parlamentari.
Al democrat “dissidente”, ex radicale ora facente parte della corrente renziana, era già stata recapitata la richiesta di ritirare o, almeno, di rinviare la sua mozione, ma, nonostante le pressioni di Speranza, capogruppo PD alla Camera, e dello stesso Letta, ha deciso di continuare per la sua strada. Gli unici a votare in maniera favorevole alla proposta sono stati, oltre allo stesso Giachetti, i parlamentari di SEL e del Movimento 5 Stelle destinati, a causa del numero insufficiente, ad un’ovvia sconfitta.
Il PDL, intanto, si era già affrettato a dichiarare che, nel caso di approvazione da parte del Partito Democratico, avrebbe fatto mancare il suo appoggio all’esecutivo per dimostrare, ancora una volta, chi “porta i pantaloni” a Palazzo Chigi.
Sicuramente le parole di Brunetta, che, ironicamente, si chiede se il governo debba essere di Letta o di lotta, non hanno calmato le acque in casa di un Partito Democratico demoralizzato ulteriormente da un documento, firmato – oltre che da Civati, Zampa, Bindi e Puppato – da renziani e prodiani, nel quale si esprime preoccupazione riguardo alla deroga sulle procedure di revisione costituzionale.
Traduzione: una buona parte del PD soffre molto la pesante convivenza con Berlusconi. Ad appesantire il clima il deputato Pippo Civati che ammette la fragilità del Partito Democratico di fronte ai ricatti del PDL ed aumenta, in Enrico Letta, il timore di poter divenire sempre più il bersaglio delle polemiche. Il premier si difende con una dichiarazione che non lascia spazio alle interpretazioni: “Mettere il carro davanti ai buoi significherebbe far deragliare il carro!” tentando di difendersi dalle pesanti frecciate che arrivano dal sindaco di Firenze. Renzi si augura che l’esecutivo non faccia melina evitando di affrontare un tema urgente come la legge elettorale.
Letta dà l’impressione di guardare al governo di larghe intese simile ad una coperta troppo corta per coprire il tema della riforma elettorale e, proprio per questo, si limita ad affrontare i nodi più semplici da sciogliere procrastinando quello che si potrebbe rivelare un duello all’ultimo voto in grado di causare il crollo o lo stallo dell’esecutivo.