La seconda vita di “Fare per fermare il declino”
Fare riparte dal “new deal” di Michele Boldrin dopo il declino elettorale. Non sono passati così tanti mesi dalla débâcle elettorale del movimento politico Fare per Fermare il declino (FID), fondato nel novembre 2012 dagli stessi firmatari del manifesto di Fermare il declino, a sua volta pubblicato nel luglio dello stesso anno.
[ad]Autorevoli economisti e professori universitari – perlopiù di base negli Stati Uniti – hanno contribuito a stilare dieci proposte da mettere subito in pratica, per salvare l’Italia dagli effetti disastrosi di un debito pubblico incontrollato.
Come noto, Oscar Giannino è stato il candidato alla presidenza del Consiglio dei ministri alle Politiche di febbraio ed allo stesso tempo il suo “carnefice” per via della famigerata bugia sulla laurea mai conseguita. Forse anche per questo motivo, Fare ha ottenuto 1,1% alla Camera (380.756 voti) e poco più dell’1% dei consensi al Senato (278.404). Un risultato insufficiente ad eleggere propri parlamentari, non avendo superato lo sbarramento del 4% a Montecitorio e quello dell’8% a Palazzo Madama previsti dal Porcellum per le liste che corrono da sole.
Ma, lasciatosi alle spalle il periodo di crisi, il movimento ha organizzato un congresso l’11 ed il 12 maggio, durante il quale Michele Boldrin – uno dei fondatori di Fare e docente di economia presso la Washington University – è stato proclamato presidente, al posto della reggente pro tempore Silvia Enrico. Eppure ha precisato di sentirsi soltanto un “traghettatore”.
Boldrin non sembra amare molto le etichette: non si proclama liberista – nonostante ne condivida sostanzialmente l’impianto teorico – né tantomeno vuole posizionarsi all’interno di un determinato schieramento politico. L’economista veneto è deciso nel ripartire dalle proposte del manifesto, alla cui redazione ha contribuito in prima persona. In questo modo, spera di ricercare un “altrove” politico, cioè una collocazione “fattiva”, entro la quale coinvolgere altri movimenti civici ed associazioni di settore, quali artigianato e PMI. Insomma, è ufficialmente entrato nell’agone partitico italiano, dopo aver rifiutato la candidatura alle scorse elezioni politiche.
Alle recenti Comunali il Movimento non è stato a guardare, nonostante non abbia raggiunto risultati soddisfacenti: a Brescia, il movimento ha appoggiato la lista civica del candidato sindaco Francesco Onofri (terzo con il 7,43% delle preferenze); nella città di Siena, invece, la civica di Enrico Tucci – Cittadini di Siena –, sostenuta da FID, si è assestata al 6,64%; infine, Noi Adesso Pisa, che ha ospitato tra le sue fila un’influente aderente locale – Donatella Lauro – è arrivata a pochi punti dall’aspirante sindaco del centrodestra (9,97% contro il 12,58% dell’avversario).
Ovviamente, la presenza del Movimento 5 Stelle oscura di gran lunga il partito di Boldrin, che, d’altra parte, non intende cedere il passo ai grillini su temi come la razionalizzazione della spesa statale, il ricambio generazionale in Parlamento e la risoluzione della questione morale in politica.
L’affermazione dei 5 Stelle ha sconvolto i piani dei neonati movimenti, costretti così a dover rincorrere patenti di verginità politica, senza curarsi delle proposte. Fare sembra aver preso una direzione parallela, rimanendo si coerente all’originalità del suo programma (esclusivamente) economico, ma fuori dai giochi decisionali, relegata alla condizione di alternativa dell’alternativa, in attesa di un insperato nuovo corso. C’è da chiedersi – basteranno 30 anni di insegnamento negli USA a risollevare un paese ormai in crisi da più di vent’anni?