Milano risposte politiche al problema della criminalità

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Pare essere tornata alla calma Milano dopo un paio di settimane davvero turbolente alle prese col problema della criminalità.

[ad]Dalla follia omicida dell’uomo armato di piccone all’incredibile scasso di una prestigiosa gioielleria, in pieno centro, di giorno, con una azione da commando, ad altri episodi minori ma comunque allarmanti.

Le ovvie reazioni seguite al periodo nero della città meneghina in termini di sicurezza sono riassumibili in due posizioni politiche ben distinte. Da un lato una Lega Nord scatenata che, approfittando della campagna elettorale, ha martellato l’opinione pubblica con attacchi indiscriminati a tutti gli immigrati, ribadendo quella difesa dall’invasione straniera che già portò a decise polemiche col neoministro Cecile Kyenge. Dall’altro lato una sinistra, guidata in città dal sindaco Giuliano Pisapia, impegnata a raffreddare gli animi e rassicurare i cittadini.

Il Carroccio, come detto, ha scelto una linea aggressiva, assecondando un istinto razzista latente di una consistente parte del suo elettorato, collegando automaticamente il problema sicurezza con l’immigrazione. Così il caso del singolo Kabobo si è trasformato in una generale contestazione a tutto il mondo dell’immigrazione, usando la bandiera del no al ius soli proposto dalla Kyenge. Sentite Matteo Salvini, segretario nazionale della Lega e milanese doc: “I clandestini che il ministro di colore vuole regolarizzare ammazzano a picconate: Cecile Kyenge rischia di istigare alla violenza nel momento in cui dice che la clandestinita’ non e’ reato, istiga a delinquere”. Sulla scorta di questa dichiarazione, Salvini annunciò una raccolta firme contro l’ipotesi di concedere la cittadinanza agli stranieri che nascano in Italia. Un flop clamoroso, roboante, che già poteva essere un campanello di allarme per i dirigenti di via Bellerio: flop confermato dal disastro elettorale delle amministrative in tutto il Nord.

Abbiamo detto che non è una prima volta: chi ha buona memoria ricorderà senz’altro la campagna elettorale per la corsa a sindaco di Milan tra Pisapia e Letizia Moratti. La Lega, anche in quell’occasione, scelse di puntare forte sull’immigrazione e la mancanza di sicurezza. Sostenne che Pisapia avrebbe fatto costruire decine di moschee, preparando “la grande invasione”. Non è andata così, e intanto quella strategia politica, che si può definire basata sulla naturale sensazione di paura che episodi come quelli di Kabobo generano, non pagò. La Moratti perse e la Lega si schiantò in termini di voti. La stessa identica questione pare essersi riproposta: stessa strategia, stesso fallimento. E se Maroni aveva parlato di cambiamento, qualcuno dovrà pur fargli notare che il cambiamento parte dall’abbandono di posizioni così radicali sul tema dell’immigrazione.

Pisapia, dal canto suo, ha voluto rasserenare gli animi dei milanesi inquieti. In una dichiarazione al Corriere della Sera, il primo cittadino ha espresso il suo parere sulla situazione: “purtroppo episodi tragici non sono solo un problema di casa nostra: proprio in questi giorni leggiamo quel che accade a Londra, a Parigi, persino a Stoccolma e in tante città italiane”.

Per Pisapia il problema è dunque di portata non tanto milanese, o italiano, ma quanto di una gestione comune di tutte le grandi città europee e mondiali. Tesi che pare essere condivisibile proprio alla luce degli avvenimenti riportati dal sindaco. E pur tuttavia sottolineando come il problema, seppur condiviso, esista e necessita quantomeno di essere ricondotto a livelli “accettabili”.