La Sardegna è un’altra cosa, Claudia Sarritzu racconta l’isola attraverso la sua gente

La Sardegna è un’altra cosa, Claudia Sarritzu racconta l’isola attraverso la sua gente

L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio. Antonio Cipriani prende in prestito queste parole da Italo Calvino, nella prefazione che ha scritto per il libro d’inchiesta La Sardegna è un’altra cosa. Viaggio giornalistico nell’isola della crisi (Ethos Edizioni) (1) di Claudia Sarritzu.

[ad]“Dopo il crollo del sistema finanziario mondiale nel 2007 è arrivata la reazione dei sardi. Da sei anni circa abbiamo iniziato a urlare al mondo intero, con manifestazioni estreme, con presidi originali (pensiamo alla vertenza Vinyls che ha portato i suoi operai all’Asinara), di essere un’altra cosa da quell’immagine bucolica e stereotipata di terra sottomessa e muta che una letteratura anche autobiografica ci ha appioppato per secoli”. Potremmo usare queste parole della Sarritzu per introdurre La Sardegna è un’altra cosa, il cui titolo è ispirato alla descrizione dell’isola di D.H. Lawrence. Il libro è “figlio” del bagaglio di umanità che l’autrice, vincitrice tra l’altro del Premio Letterario Città di Cagliari nel 2010, ha accumulato in quattro anni di cronache e servizi radiofonici. Nata a Cagliari nel 1986, ha infatti collaborato con alcune testate sarde e, a livello nazionale, con L’Espresso e Globalist Syndication (2); attualmente coordina Globalist Cagliari (3).

L’esperienza umana e professionale della Sarritzu ci dice, appunto, che l’isola e la sua gente sono un’altra cosa, rispetto al racconto da cartolina che i mass media (e non solo) hanno confezionato su di loro. “in questi sei anni di gavetta nel giornalismo ho conosciuto i protagonisti della peggiore crisi economica del secolo. Li ho incontrati mentre visitavo da nord a sud la mia terra, e ho percepito in queste donne e in questi uomini il loro desiderio di esprimere un senso di rottura con il passato […] Ho incontrato giornalisti come me, fotografi, bibliotecari, ricercatori universitari, insegnanti, persone che hanno deciso di restare. Credo che la parola chiave del libro sia restare. Restare per cambiare le cose per trovare le risposte, per questo interrogo esperti, non solo economisti ma anche semplici agricoltori, persone che l’economia non la insegnano soltanto o la subiscono, ma la fanno tutti i giorni. […] Parlo di persone coraggiose, aperte al mondo e che vorrebbero usare la loro testa e la loro cultura per dare un futuro a questa isola”.

L’autrice ha scelto di dar voce alla speranza figlia del coraggio e della forza che la sua terra incarna. Per riscattarsi dalla crisi in atto serve una consapevolezza più profonda di sé, perché solo da questa può nascere l’auto-responsabilizzazione. Svelando la preziosità della Sardegna e dei suoi figli, la Sarritzu ha evidenziato, al tempo stesso, la ricchezza più autentica del fare giornalismo: la voglia di raccontare storie capaci di nutrire i sogni e le azioni di donne e uomini sempre più messi alla prova da una fase come questa scossa da pesantissime turbolenze.

(1) http://www.ibs.it/code/9788895226316/sarritzu-claudia/sardegna-altra-cosa.html

(2) http://www.termometropolitico.it/47175_globalist-partecipare-informando.html

(3) http://cagliari.globalist.it/