Dal 24 marzo del 2011, “Giorno della Dignità”, quando a Damasco si radunarono migliaia di manifestanti per chiedere la liberazione dei numerosi detenuti politici, seguito a stretto giro ( il 28 aprile), dal “Giorno della Rabbia”, in Siria l’escalation di tensioni e scontri è stata convulsa.
[ad]Alla vigilia della seconda Conferenza di pace internazionale che si terrà a Ginevra sulla crisi che sta coinvolgendo ormai tutto il mondo mediorientale e ha reso la Siria campo di battaglia senza quartiere sono ancora molti i nodi da sciogliere: Dalla composizione delle delegazioni siriane, alla lista degli invitati, passando per la sorte di Bashar al Assad.
La Conferenza Ginevra II avrà come riferimento il testo sulla Siria concordato nella stessa città il 30 giugno 2012. Questo testo prevede l’istituzione di un “mutuo consenso” su un “governo di transizione con pieni poteri”, ma non è mai stato attuato a causa delle ambiguità mantenute sulla sorte del presidente siriano. Le diplomazie russe e americane si dicono entrambe intenzionate a far rispettare gli accordi pregressi di Ginevra, ma come si è visto in questi mesi ci sono interpretazioni notevolmente differenti sugli equilibri futuri nell’area e sul destino di Assad.
Perché la conferenza di Ginevra riesca a trovare un compromesso tra i numerosi attori interni, regionali e internazionali coinvolti nel conflitto siriano è innanzitutto necessario che Russia e Stati Uniti, i due grandi sponsor della conferenza, convincano sia il regime che l’opposizione a sospendere momentaneamente gli scontri armati e a partecipare agli incontri.
Nel caso di esito positivo della conferenza è facile prevedere che tutte le parti si impegneranno a iniziare e mantenere un cessate il fuoco generale e di fermare ogni tipo di violenza. Per monitorare il rispetto di questo punto l’Onu dovrà inviare un contingente di osservatori con cui sia le autorità del regime che le fazioni ribelli sul terreno dovranno collaborare per il disarmo dei gruppi combattenti.
Sarà probabile anche l’insediamento di un governo provvisorio che veda al suo interno la presenza sia di elementi del regime che di membri rappresentativi dell’opposizione. Come è immaginabile, il nodo principale che determinerà il successo della conferenza sarà il destino di Assad. Perché la conferenza abbia successo l’accordo dovrà quindi prima di tutto essere accettato dal presidente.
Se invece la conferenza di Ginevra terminasse senza che si giunga ad alcuna soluzione negoziale il regime siriano si troverebbe a dover far fronte ad un ulteriore intensificazione della pressione internazionale e ad appoggiarsi ulteriormente a Tehran e ad Hezbollah. In questo caso, viste le difficoltà oggettive di un intervento armato esterno, il fronte anti-Assad potrebbe continuare a sostenere le forze dell’insurrezione dall’esterno, ipotesi che però non sembra poter portare in tempi repentini alla caduta del regime .
A quel punto per imprimere una svolta alla crisi attraverso l’imposizione di una o più no-fly zones sul territorio siriano, in modo da consentire ai ribelli di creare delle solide teste di ponte all’interno dei confini nazionali protette dall’aviazione del regime. Soluzione anche questa che non sembra semplice né priva di conseguenze.
Tra scenari plausibili e dubbi profondi intanto Ginevra II si avvicina a grandi passi.