Finisce un’era a Treviso, lunga quasi vent’anni. L’epopea leghista nel capoluogo veneto iniziò, infatti, nel lontano 1994, anno in cui Giancarlo Gentilini divenne, per la prima volta, sindaco.
[ad]E in 19 anni lo “sceriffo”, così soprannominato dai suoi fan, è stato il solo e unico dominus del centrodestra trevigiano (due mandati da sindaco e uno da prosindaco) replicando, in versione bonsai, le sorti del centrodestra nazionale, anch’esso dominato per due decenni dallo stesso leader.
La portata della fine dell’epoca “gentiliniana” non è da sottovalutare: la Lega Nord, in queste terre, ha sempre spadroneggiato, mettendo in secondo piano il Pdl e andando a pescare molti consensi tra l’elettorato ex democristiano ed ex missino. La perdita del proprio “feudo”, Treviso, non potrà dunque passare inosservata, procurando sicuramente più di un grattacapo al Carroccio veneto targato Zaia-Tosi.
Celeberrime, in questi anni, le uscite anti immigrazione dello sceriffo: una volta si vantò di aver tolto le panchine dal centro città per evitare “i numerosi bivacchi degli extracomunitari”, un’altra volta se ne uscì con un “bisogna inseguire i leprotti neri e, se è il caso, fare pim-pim col fucile”, per chiudere asserendo che, secondo lui, gli immigrati vanno schedati poiché “portano ogni tipo di malattia: tubercolosi, AIDS, scabbia, epatite.” Un linguaggio da far-west.
Paradossalmente, però, Gentilini è stato tanto fumo e poco arrosto, faccia da cattivo ma nient’altro, se è vero che, in base ad un sondaggio di qualche anno fa , Treviso è risultata essere una delle città in cui gli immigrati sono meglio integrati.
Anche durante la campagna elettorale per il ballottaggio gli attacchi e le frasi fuoriluogo dell’ex sindaco non sono mancate, ma anzi hanno trovato nuova linfa: ad esempio quando, subito dopo l’esito del primo turno, che lo vedeva in svantaggio, ha chiamato a raccolta i suoi fedelissimi al grido “fermiamo i rossi, le armate comuniste non prenderanno anche Treviso, ultimo baluardo della libertà”. Un frasario anni’50 del tutto infondato, dato che Giovanni Manildo, il competitor di Gentilini, è uno che meno comunista non si può: avvocato cattolico, un passato nella Democrazia cristiana, ora amministratore del Partito democratico vicino a Matteo Renzi. E i cittadini trevigiani l’hanno capito, decidendo di dare un taglio netto con il passato e provare a proiettare la città in una dimensione più europea, affrancandosi da un primo cittadino ormai inadeguato sotto tutti i punti di vista, a cominciare da quello anagrafico (84 anni).
La vittoria di Manildo, politicamente molto significativa, è stata netta anche nei numeri: il candidato del Pd ha infatti ottenuto 21.403 voti, cioè il 55,5% (al primo turno i voti erano stati 17.460, corrispondenti al 42,5%), mentre Gentilini si è fermato a 17.159 voti, vale a dire il 44,5% (al primo turno erano stati 14.283 voti, cioè il 34,8%).