Il caso Irisbus-Iveco
[ad]Oltre il danno, la beffa. In mancanza della definizione, da parte del governo, di un adeguato piano trasporti nazionale, che rinnovi le macchine obsolete, attualmente adoperate nelle città, con mezzi moderni, tali da abbattere l’inquinamento ed evitare le sanzioni dell’Unione europea, gli operai testimoniano che la Fiat, in passato, ha chiamato a formarsi nello stabilimento di Flumeri i colleghi della Repubblica Ceca. Qui, infatti, da oltre un decennio ha acquisito una ditta locale con la quale può comunque, in caso di chiusura dello stabilimento, concorrere alle aste.
Il dejà-vu della delocalizzazione, incubo ricorrente da quando si è scoperto che la manodopera straniera costa meno, si materializza nuovamente. Gli operai descrivono con genuino stupore la divisa dei loro colleghi stranieri, calzoncini e zoccoli al posto della tuta e degli scarponi, e si chiedono quanto possano essere garantite altrove salute e sicurezza sul luogo di lavoro.
Il caso Irisbus è un caso emblematico. Testimonia l’ennesimo episodio di incapacità dello stato ad intervenire per trattenere un settore industriale strategico. C’è da chiedersi quanti altri episodi del genere dovremo vedere, prima che si inizi davvero a fare qualcosa ottimizzando le risorse che si hanno, invece di dismetterle senza pensarci su due volte. In cambio di un risparmio rapido, ma senza visione del futuro.