Archiviati sia il ddl sul processo breve, approvato al Senato, e quello sul legittimo impedimento, passato in un’infuocata seduta alla Camera, la maggioranza e il governo ora si trovano nella migliore situazione per fronteggiare meno di due mesi di campagna elettorale per le regionali.
Pur mancando ancora il voto di una camera, secondo i big del centrodestra in materia di giustizia (che come ben sappiamo è il tema “cardine” e fondativo di questo schieramento politico) l’iter sarà veloce e non subirà modifiche di particolare rilevanza in seconda lettura.
In attesa di un lodo Alfano-bis “costituzionale” ora Berlusconi ha la garanzia che nei prossimi mesi nessun giudice potrà disturbarlo, anche perché, utilizzando una tecnica ostruzionistica propria solitamente dell’opposizione, la stessa maggioranza ha presentato emendamenti che consentono a premier e ministri di non recarsi in tribunale perché impegnati in sagre di paese o in rodei campagnoli (sembra umorismo, ma è tutto vero). Lo stesso Alfano del resto ha ottenuto un mezzo via libera da parte del Quirinale sul legittimo impedimento: con la modifica del provvedimento avvenuta in aula nella giornata di mercoledì, ora l’impedimento a recarsi presso le aule di giustizia non sarà solo esclusiva del presidente del consiglio ma di tutti i ministri. In questo modo la maggioranza ha evitato un rischio di incostituzionalità che già si era delineato nella sentenza che in ottobre aveva portato la Corte Costituzionale a bocciare il “primo” lodo Alfano, quando ci fu una discussione sul fatto che il presidente del Consiglio fosse primus supra pares e quindi, a differenza degli altri ministri, necessitasse di uno scudo giuridico. In realtà questa argomentazione non teneva conto del fatto il governo è organo collegiale e complesso, e ben dovrebbe saperlo Berlusconi che spesso si lamenta dello scarso potere decisionale, a scapito di quello di coordinamento, che il suo incarico possiede rispetto agli omologhi europei!
Unica garanzia che ha voluto il capo dello Stato, dopo la modifica che appunto estendeva l’impedimento a tutti i membri del governo, è stata l’accantonamento della proposta del senatore Valentino, numero due in tema di giustizia nel Pdl, sulle modifiche al valore giuridico delle deposizioni dei pentiti. Ma a scaricare la proposta del senatore ex finiano era già stato del resto il ministro dell’Interno Maroni (“Questa proposta non uscirà dalla commissione e non sarà mai approvata. Almeno fino a quando sono ministro”) seguito a ruota, con un inquietante distacco di ben 4 ore, dal collega Guardasigilli.
Alcune voci però si levano verso una revisione della legge sui pentiti in seno alla maggioranza. In particolar modo è proprio l’area un tempo aennina ma ora solidale al cento per cento con Berlusconi che si dice possibilista sull’accoglimento e sull’avanzamento legislativo della proposta di Valentino: il capogruppo Gasparri e il vicepresidente del Senato Nania si sono detti in linea di massima d’accordo con la proposta Valentino paventando tra l’altro una certa similitudine con un provvedimento simile presentato nel passato dal centrosinistra (vecchia tattica pdiellina: sull’immunità parlamentare si tenta di salvare la faccia rispolverando la vecchia proposta della senatrice Pd Chiaromonte).
Dunque, a parte le divergenze sulla legge già ribattezzata “salva pentiti”, in materia di giustizia il Pdl “va avanti” (frase usata spesso dall’onnipresente amante del tubo catodico Gasparri, ignaro della fatto che la frase, nella sua vaghezza, nasconde elementi di nullità politica tesa a celare un potenziale quando realistico immobilismo da parte della compagine di centro-destra) e non resta che aspettare altri obbrobri come il nuovo lodo Alfano (che rischia, in quanto legge costituzionale, di non ottenere la maggioranza qualificata necessaria e quindi andare incontro ad un referendum confermativo).
Quindi Berlusconi può dormire a sonni tranquilli? A dir la verità, no.
E non tanto perché l’impegno politico è qualcosa di costante, di totalizzante che spesso può causare insonnia. Ma perché, archiviati all’apparenza i problemi giudiziari, possono sorgere i cari vecchi problemi politici.
In particolar modo il timore del Pdl, nonostante il capo del governo possa ora barcamenarsi da un comizio all’altro in ogni angolo nello stivale schivando le ligie aule di giustizia, ha un solo nome: il sorpasso.
E non si tratta del film di Dino Risi con Vittorio Gassmann e Jean-Louis Trintignant, ma quello che la Lega Nord rischia di realizzare a scapito del Pdl soprattutto in Veneto.
Se ciò avverrà e se la percentuale nazionale della Lega Nord aumenterà rispetto al 10,2% delle scorse europee, la golden share di via Bellerio rischia di squilibrare i vecchi equilibri del governo. E con ripercussioni non solo sul piano delle politiche del “law and order” ma anche sull’azione politica complessiva.
Potremmo quindi assistere, per concludere, ad una Lega che interviene ancor di più, che chiede di decidere ancor di più, e (volendo) che mette i bastoni tra le ruote a Berlusconi ancor di più.
Per quanto Bossi e Berlusconi siano amici, spesso la politica appare su un piano superiore che rischia di compromettere sodalizi storici e vecchie amicizie.
Anche se non dal punto di vista giudiziario i prossimi mesi per Berlusconi saranno complessi e faticosi. E tra l’altro non potrà presentarsi come vittima dell’accanimenti giudiziario visto che non metterà un piede in alcun tribunale per i prossimi mesi. Peccato: è una delle parti che gli riesce meglio.
Di questa situazione ne potrebbe risentire l’equilibrio politico del paese e del governo tutto. Un tema molto caro a Berlusconi che per evitare rischiose frizioni ha ampliato la compagine ministeriale di ben due elementi (con un Bertolaso in arrivo) senza nemmeno consultare il Presidente della Repubblica. Queste frizioni potrebbero riemergere se l’equilibrio cede: Luca Zaia quasi sicuramente sarà presidente del Veneto fra qualche mese e lascerà la poltrona di ministro dell’Agricoltura. C’è quindi un Galan da ricompensare per il passo indietro fatto, un Bondi da sistemare al partito e nel caso un Cota da mettere al posto di Zaia nella sciagurata ipotesi che la Bresso in Piemonte ripeta l’impresa di cinque anni fa.
Ma con una Lega troppo forte non si potrebbe chiedere una risistemazione totale e definitiva?
“Troppi affari, Cavaliere”.
Blog dell’autore: lasino.ilcannocchiale.it