La vittoria di Bianco a Catania

Pubblicato il 12 Giugno 2013 alle 18:53 Autore: Andrea Scavo

La vittoria di Bianco a Catania

Il sindaco della primavera catanese sorprende tutti e vince al primo turno. La sconfitta del centro-destra e il tracollo del M5S.

Non è frequente, in Italia, che i sindaci uscenti non vengano riconfermati dai propri elettori. La figura del primo cittadino, da quando venti anni fa è divenuta frutto di un’elezione diretta, è piuttosto apprezzata nel quadro raccapricciante del gradimento degli italiani verso la politica. Per questo fanno notizia i (rari) casi in cui la ricandidatura del sindaco uscente viene bocciata nelle urne.

[ad]Il “successo” dei primi cittadini si può facilmente misurare guardando alla frequenza con cui, quando questi si ricandidano, vengono rieletti. Guardando alle decine e decine di elezioni dei sindaci delle prime venti città d’Italia negli ultimi venti anni si scopre che solo una volta su quattro il sindaco uscente non viene riconfermato. Tra i casi più noti di questo ventennio il leghista Formentini a Milano, battuto nel 1997da Albertini, e Guazzaloca, primo sindaco bolognese di centro-destra, che perde nel 2004 contro Cofferati; poi Letizia Moratti ancora a Milano, battuta da Pisapia nel 2011, e infine Gianni Alemanno a Roma l’altro ieri.

Aggiungerei a questa serie anche il caso di Catania. Qui la poltrona di primo cittadino è tornata, dopo quattordici anni (e, complessivamente, per la quarta volta), al candidato del centrosinistra Enzo Bianco, che è riuscito a strapparla addirittura al primo turno all’uscente Raffaele Stancanelli, del PdL.

Catania, tra l’altro, non è mai stata una città favorevole al centrosinistra. Stancanelli, cinque anni fa, aveva vinto agevolmente al primo turno con quasi 40 punti di vantaggio sul candidato del centrosinistra. E 40 furono all’incirca i punti di vantaggio del centrodestra sul centrosinistra alle politiche del 2008. Ancora alle ultime regionali il candidato del centrodestra Musumeci dava in città più di quattro punti percentuali all’attuale presidente Crocetta, mentre alle politiche di febbraio la coalizione di Berlusconi otteneva più del doppio dei voti di Bersani alla Camera, e il Movimento 5 stelle risultava la lista più votata con quasi un terzo delle preferenze.

Catania al centrosinistra

Catania al centrosinistra

Catania non è mai stata una città di sinistra. E forse nemmeno di centro. E non è che in quest’ultimo weekend lo sia improvvisamente diventata. Ma Bianco, stavolta, l’ha spuntata. Ha vinto con il 50,62% delle preferenze, 14 punti in più di Stancanelli. È una vittoria che si compone di tre o quattro elementi.

È innanzitutto una vittoria personale di Enzo Bianco. Il sindaco della “primavera” catanese degli anni Novanta, rimasto sempre molto stimato in città, incassa sulla base del suo consenso personale, del suo rapporto privilegiato con la città. Né Stancanelli né Scapagnini prima di lui godevano di un consenso simile.

Vince la coalizione, l’ampia e composita coalizione di centrosinistra, che ottiene complessivamente il 54,1% dei voti di lista, addirittura più del candidato sindaco. Andava dagli UDC ex-lombardiani di Lino Leanza alla sinistra radicale di Licandro. E, all’interno della coalizione, vince decisamente il centro, con la lista di Leanza, Articolo 4, al 10,2% mentre Sinistra per Catania si ferma a un misero 0,8% e resta fuori dal consiglio comunale (anche se a Licandro potrebbe andare un assessorato).

Perde Stancanelli, e perde male. I sondaggi erano contrari, l’aria che tirava non era buona, ma pochi si aspettavano di non raggiungere nemmeno il ballottaggio. È una sconfitta bruciante: come detto, non capita spesso per un sindaco uscente di non essere rieletto. A Catania non era mai capitato. E, come detto, a Catania il centrodestra ha vinto quasi sempre a mani basse. Non vale neanche l’alibi dell’astensionismo, che a Catania non segue il trend nazionale (63,3% di votanti, il dato più alto degli ultimi cinque anni). Molto male, dunque. Forse è mancato il sostegno di Berlusconi e dei maggiorenti locali, forse lo stato in cui versa la città ha spinto i catanesi a cercare il cambiamento, ad abbracciare il ricordo di un passato molto apprezzato. A scegliere l’usato sicuro.

Volendo, ha contribuito alla vittoria di Bianco anche la clamorosa sconfitta del Movimento 5 Stelle, che passa dal 16,7% delle regionali 2012 al 31,9% delle politiche di febbraio ad uno sconfortante 4% di queste amministrative. Più di 40 mila voti bruciati in tre mesi, in una città di 300 mila abitanti. Un tracollo. Che sia dovuto allo scarso appeal della candidata Erminia Adorno (che raccoglie addirittura meno voti della sua lista), all’assenza di Grillo dalla campagna elettorale cittadina o al trend generale di disaffezione verso il movimento, è difficile dirlo. Probabilmente alla somma di questi fattori.

Adesso inizia un quinquennio difficile per Enzo Bianco. La situazione finanziaria del comune è sull’orlo del dissesto, e in campagna elettorale questo tema ha pesato parecchio. Bianco non promette miracoli e non accarezza la demagogia, se alla prima uscita pubblica (ieri sera, a Ballarò) annuncia di “non potere” tagliare l’IMU e di dover mantenere i livelli massimi di pressione tributaria cittadina decisi da Stancanelli. Propone di abbandonare l’assistenzialismo e di puntare su investimenti produttivi e sull’innovazione. Ma dopo la felice esperienza degli anni Novanta, questa volta sembra più difficile che la primavera ritorni.

 

Andrea Scavo

L'autore: Andrea Scavo

Ricercatore in Scienze Sociali e Politiche. Si occupa principalmente di politiche pubbliche e processi di policy-making, network e multi-level governance, istituzioni e politiche dell'Unione Europea, ricerca socio-organizzativa e organizzazione aziendale, diritto del lavoro e commercio internazionale.
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