La Bce avverte: “Italia virtuosa ma il risanamento è a rischio”
“I miglioramenti ottenuti sono nel complesso incoraggianti, ma sul fronte delle riforme strutturali sono necessari ulteriori sforzi”. Così scriveva poco più di un mese fa la Bce circa le sorti dei conti pubblici italiani ed è ciò che conferma anche oggi, nel bollettino di maggio. La Banca Centrale Europea capitanata da Mario Draghi prima elargisce complimenti, poi avverte: l’Italia fa sì parte di quei pochi paesi dell’Eurozona, solo sei, il cui deficit non è salito sopra il 3% del Pil nel 2012, ma il risanamento di bilancio ”più graduale” indicato nel suo nuovo programma di stabilità presenta ”rischi” delineati da “un’evoluzione macroeconomica peggiore delle aspettative e da un rallentamento delle entrate rispetto alle dinamiche ipotizzate nonché maggiori spese”. Sul banco degli imputati finisce così la nuova linea dettata dal governo Letta: lo stop dell’Imu e il probabile mancato aumento dell’Iva sembrano manovre che non convincono fino in fondo gli osservatori europei.
[ad]A sentire l’Ue insomma, Letta e i suoi dovranno forse rivedere qualcosa. Così come tutta l’area Euro, l’Italia non si può permettere di abbassare il livello di guardia: le prospettive economiche europee sono infatti “soggette a rischi al ribasso, fra i quali la possibilità di una domanda interna e mondiale più debole delle attese e una lenta o insufficiente attuazione delle riforme strutturali nei paesi dell’area”.
Circa il debito pubblico poi, la Bce ritiene che Italia, Spagna e Portogallo abbiano registrato nella prima parte dell’anno “un miglioramento delle condizioni del mercato primario dei titoli di Stato, come dimostrano il buon esito delle aste di titoli di Stato e il rientro degli investitori esteri. Tuttavia alcuni mercati vedono un nuovo aumento dei rendimenti”. Non solo. La stessa Banca Centrale registra che il nostro è tra i paesi che nel periodo dal 1999 al 2012 hanno conosciuto la “flessione più cospicua delle quote di mercato delle esportazioni calcolate a livello mondiale”. Per tutti questi motivi l’esecutivo guidato da Enrico Letta è chiamato al difficile compito di “attenersi con rigore al percorso di moderazione del disavanzo specificato nell’aggiornamento per il 2013”, scrive la Bce. Obiettivo primario è il rispetto del “valore di riferimento del 3%” di deficit/Pil. Niente di meno che una “sfida cruciale per la politica di bilancio del nuovo governo”.
Fabrizio Saccomanni vede il bicchiere mezzo pieno e dispensa frasi di cauto ottimismo circa il futuro prossimo: “L’Italia ha il potenziale per invertire il ciclo a patto di preservare l’attenzione al consolidamento fiscale” ha spiegato il titolare del ministero dell’Economia e delle Finanze “L’Europa ci ha dato atto dei passi avanti che sono stati fatti. Potremo raggiungere i risultati se ognuno nel Paese farà la propria parte”.
Lo stesso Saccomanni ha poi precisato che “all’Europa non chiediamo esenzioni o deroghe ma, nell’interesse di tutti, un’azione comune per rilanciare la crescita. Continuando a costruire sulle idee migliori potremo trasformare i vincoli dettati dal consolidamento delle finanze pubbliche in opportunità di rilancio dell’economia”. Urge secondo il ministro coinvolgere “sistema delle imprese e sistema bancario e finanziario in una strategia coordinata di rilancio dell’investimento, dell’innovazione e dell’educazione”. Per fare un esempio, il decreto legge sui debiti della Pubblica Amministrazione “dovrebbe aiutare l’economia a riprendersi dal terzo trimestre del 2013 e tornare alla crescita l’anno prossimo”. Basterà?