Per chi come me è nato a Torino e segue la politica da vicino, vicinissimo, il primo marzo è un giorno particolare. 9 anni fa morì, durante una conferenza stampa, Domenico Carpanini, vice sindaco della giunta Castellani, pronto a farsi certamente eleggere alla guida della città. Il cuore gli cedette mentre stava parlando di politica, insieme a Roberto Rosso, che concorreva per il centrodestra. Un’ultima conferenza stampa, un ultimo dibattito, di politica, perché Carpanini fu, e secondo me lo è tuttora, uno di quei pochi politici che, non importa come la si pensi, rimane una figura da emulare, da guardare con rispetto, a tratti anche ammirazione oggettiva.
Integerrimo, onesto, capace, dal forte carattere, dalla tempra inattaccabile. Una figura che il palcoscenico attuale della politica italiana probabilmente non accetterebbe, perché incapace di deludere il proprio ideale, di commettere azioni contrarie al proprio spirito, alla propria indole. Non era uno politico di spettacolo, non amava circondarsi di cortigiane, vere o presunte, amava il suo lavoro, e lo svolgeva dal primo minuto della mattina all’ultimo della sera. Lavorava per i cittadini che lo avevano eletto, lavorava per migliorare la città. Un uomo di centrosinistra, anzi, un uomo di sinistra, perché a quei tempi la sinistra era ancora qualcosa di reale, almeno a Torino. Città socialista, antifascista, partigiana, operaia e stacanovista, che bada al sodo e non perde tempo in inutili cerimonie.
Un cittadino di cui andare orgogliosi e la cui mancanza si fa sentire ogni istante negli uffici di Piazza Palazzo di Città.
Al suo posto venne eletto Sergio Chiamparino, inserito nella contesa con Rosso in tutta fretta, per riempire il tragico vuoto. Non che Chiamparino non abbia svolto bene i suoi due mandati. Certo, come ogni politico qualche errore lo ha commesso e qualunque azione compia, ci sarà sempre qualcuno pronto a criticarlo. E’ questo l’onere di essere il primo cittadino tra i cittadini; tuttavia se è ben voluto da ben oltre il suo elettorato, qualche motivo ci sarà pure. Nel 2001, però, il mio voto era pronto in cassaforte per Carpanini e la sua morte fu uno colpo al fianco, di quelli che lacerano. Poche volte sono andato a votare con così tanta certezza (soltanto un’altra volta è successo ma lì il mio candidato ha perso.) La città si strinse attorno alla sua famiglia e per Rosso la contesa elettorale fu ormai segnata. Non c’era più partita: si sarebbe potuto candidare anche Mr. Nessuno, ma contro la compassione, il cordoglio e la passione niente può vincere. Ed infatti Rosso perse con il 47%, in fondo, un buon risultato data la situazione in cui partecipava. Perse con stile, soprattutto perché Rosso, presente durante il collasso di Carpanini fu subito pronto a soccorrerlo e pianse, così come piansero tutti i torinesi. Destra o sinistra che fosse. Se sei una persona come Carpanini, chiunque ti concede l’onore di una lacrima. Cosa che non capita a molti, specie in politica.
Questo dunque era Domenico Carpanini, il mio ricordo; secondo il mio personale parere, il vero sindaco di Torino.
Ciao Domenico, ci si rivede uno di questi giorni.