Sogno di un’imposizione democratica di un mezzo partito politico a cinquestelle
Un sogno di imposizione democratica e mezzo partito quello grillino, nato come partecipazione dei cittadini e finito con il divenire negazione di partecipazione degli stessi adepti scelti meticolosamente con le “mani” del web come delegati di cittadinanza.
[ad]Una trasformazione figlia di due grandi colpevoli: la forza ammaliatrice della vecchia politica e l’impostazione, priva di una propedeutica crescita di organizzazione territoriale, di imposizione democratica.
Il vino della vecchia politica al pari della forza del suo dio greco Dioniso da alla testa anche ai più convinti astemi. Una metafora che ben contiene la realtà dei fatti per i 5 stelle.
In origine furono gli aspiranti carrieristi Favia e Salsi, poi nel mezzo del cammin siciliano ci fu il redento Venturino e oggi la goccia che potrebbe far traboccare definitivamente il vaso sembra coincidere con la figura della senatrice Gambaro.
Tre momenti che inseriti nell’architettura mediatica puntano ad eliminare l’idea stessa partorita dal duo Grillo-Casaleggio, quella del movimento 5 stelle.
Il primo dei colpevoli di questo inesorabile percorso si radica nell’inesauribile forza ammaliatrice della casta, che con i suoi privilegi si divora in un gioco da ragazzi le giovani anime dei neofiti politici. Il lusso del ristorante del Senato fece subito le prime vittime, mettendo da parte i proclami elettorali del cibo a sacco portato da buoni boy scout negli zainetti sopra la giacca.
Poi le auto blu dei parlamentari siciliani invitati a discutere del Muos con gli americani, e poi il “male assoluto” della diaria, trattenuta prima dal vice presidente dell’Ars Venturino e dopo dai parlamentari nazionali Furnari e Labriola, passati in un attimo al Gruppo Misto in onore dei rimborsi.
Una forza dionisiaca quella della politica che ha come detto divorato le ambizioni positive promulgate dal programma elettorale dei grillini, signori nessuno prima tour elettorali di Grillo e divenuti, senza meriti chiari se non per volontà di un gruppo di persone sul web, apparenti signori onorevoli e senatori. Ambizioni solide solo sul piano teorico e su quello scritto dall’organigramma dei 5 stelle e firmato da tutti i partecipanti al movimento prima di aderirvi, ma dimenticate e rese vane troppo presto dai privilegi dionisiaci che la politica offre.
Il secondo colpevole di questo crollo è proprio il movimento. Un mezzo partito politico questo movimento dei grillini, affidatosi senza se e senza ma alle decisioni del web (sulla cui trasparenza ci sarebbero fiumi di parole da spendere). Un mezzo partito politico che nato sul web ha mandato a Roma gente cresciuta nel Movimento, coltivata da anni ma inserita frettolosamente in nome del malcontento generale.
Un impasto politico degno del trasformismo italiano di fine ottocento, un’impasto che non è mai lievitato in qualcosa di concreto. Insomma una logica propedeutica di crescita territoriale, con tanto di messa alla prova e in caso positivo di promozione alla candidatura nazionale, non c’è mai stata.
Si è preferito, spinti dalla voglia di cogliere l’attimo buono della crisi e dei disastri di gestione politica degli ultimi vent’anni, tuffarsi a capofitto sulle elezioni nazionali, ambendo a raggiungere il potere e affidarsi a gente che in nome del web venisse scelta come paladina dei valori ideali della politica. Ma è bastato ben poco per cogliere crepe che giorno dopo giorno stanno diventando sempre più fratture insanabili, destinate a distruggere un movimento rimasto nella fase di mezzo partito politico.
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