Termometro Finanziario il giocattolo del carry trade si sta rompendo
Cosa è il carry trade?
[ad]Nell’ambito della finanza internazionale il carry trade è la pratica speculativa consistente nel prendere a prestito del denaro in paesi con tassi di interesse più bassi, per cambiarlo in valuta di paesi con un rendimento degli investimenti maggiore in modo sia da ripagare il debito contratto sia da ottenere un guadagno con la medesima operazione finanziaria.
Continua la correzione sui mercati in attesa di vedere un po’ di chiarezza sulle prossime decisioni delle banche centrali mondiali. Continua soprattutto il crollo di Tokyo a causa del rientrare di molti investitori da posizioni prese per effettuare carry trade.
Gli investitori avevano infatti preso a prestito Yen a tassi di interesse ridicoli, e avevano acquistato con quel denaro obbligazioni in altre valute, comprese quelle di Paesi emergenti: in questo modo che si riusciva a guadagnare non solo attraverso il differenziale di rendimento, ma pure attraverso la rivalutazione.
Gli ultimi movimenti in terra giapponese hanno però costretto in molti a smontare le proprie posizioni, causando forti turbolenze i mercati, in particolare per quelli emergenti.
Resta da vedere quanto e in che modo queste posizioni verranno smontate: si tratta, in generale, di dinamiche già affrontate in passato (causando parecchi dolori a molti portafogli) e potenzialmente pericolose, anche se si direbbe che la loro magnitudine in questo ciclo sia più lieve. Soprattutto non sembra che siano coinvolti nel gioco i piccoli risparmiatori, di solito gli ultimi a entrare in un rally e i primi a farsi male quando il toro smette di correre.
Intanto si aspetta in settimana la riunione del Comitato di politica monetaria della Federal Reserve statunitense. Ben Bernanke dovrebbe ribadire che il quantitative easing non ha una scadenza temporale, bensì è collegato all’andamento dell’economia e che pertanto ogni modifica al programma sarà subordinato alla verifica dei cambiamenti dei dati macroeconomici.
Il primo dato fondamentale dell’agenda macroeconomica della settimana lo incontriamo martedì 18 giugno, quando uscirà l’indice ZEW che misura il sentiment degli investitori istituzionali tedeschi. Il dato è atteso a 38,1 punti, in rialzo rispetto ai 36,4 precedenti. Conosceremo l’indice dei prezzi al consumo statunitense, che dovrebbero risultare in aumento all’1,4 dall’1,1 per cento precedente complessivamente, e stabile a 1,7 per cento per quanto riguarda la componente core, il tutto ovviamente su base annua.
Mercoledì ci sarà un’asta di Bund tedeschi a 10 anni, mentre alla sera è attesa la citata decisione della Federal Reserve per quanto riguarda la politica monetaria.
Giovedì sarà giornata di stime preliminari degli indici dei direttori degli acquisti per la Cina, la Francia, la Germania e l’Europa nel complesso. Tutti i dati sono attesi al di sotto della soglia di 50 punti che separa l’espansione dalla recessione, ad eccezione del terziario tedesco che dovrebbe segnare esattamente 50, almeno secondo il consenso. Conosceremo poi gli ordini all’industria italiana, che dovrebbero crescere su base mensile dell’1,1 per cento; in seguito sarà la volta di un’asta di bonus spagnoli 10 anni.
Passando dal lato opposto dell’atlantico, le richieste di sussidi di disoccupazione dovrebbero salire di 6 mila unità, a quota 340.000; attesi anche anche l’indice Philadelphia Fed Manufacturing, che dovrebbe segnalare un settore manifatturiero in peggioramento meno marcato rispetto alla rilevazione precedente, e inoltre il dato relativo alle vendite di abitazioni esistenti, che dovrebbe raggiungere la soglia di 5 milioni.