“Sifilide 2.0”? Colpa di Facebook, of course

Pubblicato il 24 Marzo 2010 alle 17:33 Autore: Fabio Chiusi
“Sifilide 2.0”? Colpa di Facebook, of course

Rivelazione-bomba dell’Ansa:

L’agenzia riporta le motivazioni del Daily Telegraph, secondo cui “il personale sanitario di Teeside avrebbe infatti trovato un legame tra i social network e l’aumento dei casi del virus“:

“Il professor Peter Kelly, direttore della sanità pubblica nella regione di Teeside, nel nord-est dell’Inghilterra, ha affermato che a Sunderland, Durham e Teesside, tutte aree in cui il sito sociale é molto popolare, il numero di persone affette da sifilide è quadruplicato, proprio perché il network ha dato alla gente un nuovo modo di incontrare più partner per incontri sessuali occasionali”.

La prova? Ai 30 casi registrati nella regione – particolare stranamente sfuggitoall’Ansa (“ma il numero reale è probabile sia molto più elevato”) – corrisponderebbe una frequenza di accesso a “Facebook e siti simili” maggiore del 25% rispetto al resto dell’Inghilterra.

Prima che qualche genitore preoccupato imponga insensate astinenze 2.0, vi invito a leggere la replica di Roy Greenslade del Guardian che, naturalmente, all’Ansa deve essere sfuggita:

(Anche se fosse vero – e si noti che l’affermazione è basata su appena 30 casi [quindi si può e si deve dubitare che si tratti di un numero statisticamente rilevante, nda] – è davvero possibile credere che le abitudini sessuali di un individuo siano colpa dei media che usa? Se sì, allora immaginate una storia basata su una affermazione similmente a-scientifica, e cioè… Il Sun “fa aumentare gli attacchi sessuali”: I casi di aggressioni sessuali sono in salita a causa degli uomini che guardano le ragazze a pagina 3 ogni giorno, secondo l’ammonimento di un capo di polizia di un qualche luogo del nord. Le cifre diffuse il mese scorso hanno mostrato che gli uomini giudicati colpevoli di crimini sessuali avevano il 25% di probabilità in più di aver sfogliato regolarmente pagina 3 del Sun”)

Tra l’altro, l’Ansa riporta come fonte della notizia il Daily Telegraph, quando quest’ultimo – come ricorda Greenslade – si è limitato a ricalcare il contenuto di un pezzo del The Sun. Per chi non lo sapesse, mentre il primo è un quotidiano a tutti gli effetti, il secondo è untabloid – con tutto ciò che ne consegue a livelli di credibilità. Ecco spiegato il motivo dello “scambio”.

Da ultimo, come chiunque abbia studiato un briciolo di metodologia delle scienze sociali ben sa, tra un “legame” (o meglio: una correlazione) e una “causa” c’è una differenza abissale. Un conto infatti è dire che c’è una correlazione tra il numero di portacenere presenti nella propria abitazione e la probabilità di sviluppare un cancro polmonare, un altro che possedere molti portacenere causa il cancro ai polmoni.

Ma questo su Facebook non l’hanno ancora detto. E quindi non esiste.

PS: mentre scrivevo il pezzo l’Ansa ha aggiornato l’articolo, e il virus è diventato – correttamente – un batterio.

PPS: quanto detto per l’Ansa vale anche per Tgcom – anch’egli dimentico di menzionare il numero dei casi registrati – e Adnkronos che, se è vero che non utilizzi il termine “causa” ma “collegamento”, è altrettanto vero che scriva: “Che i social network contribuiscano alla diffusione dei virus è una cosa prevedibile e ben nota. Questa volta però a lanciare l’allarme non sono esperti informatici ma i medici inglesi”. Lasciando intendere di ritenere la sifilide un virus. Ah, il titolo è questo:

Qualcuno ci salvi da chi parla di Facebook.

PPPS: Il Corriere non poteva lasciarsi scappare una così ghiotta “indagine” (sì, la chiama così). Il titolo mette la parola cause tra virgolette (una mossa astuta, di cui sarebbe interessante chiedere il significato alla redazione – come se in un tribunale si potesse essere “colpevoli” e non colpevoli). Inoltre, il corpo del pezzo è riportato pari pari dalla prima versione dell’Ansa. E dunque il batterio ridiventa virus:


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