Caro Belpietro, i tradimenti fiscali sono nel DNA del PDL

Pubblicato il 9 Aprile 2010 alle 10:06 Autore: Fabio Chiusi
Caro Belpietro, i tradimenti fiscali sono nel DNA del PDL

Le indiscrezioni sulla necessità di una manovra correttiva, che Tremonti starebbe mettendo a punto al riparo da sguardi indiscreti, non sono piaciute a Libero. ”Altro che riduzione delle tasse”, scrive Maurizio Belpietro nell’editoriale di oggi, “qui c’è il pericolo di vedersele aumentare. Passata la festa (delle elezioni Regionali), c’è il rischio che ci facciano la festa (a noi e ai nostri portafogli)”. Il direttore ci va giù duro: “Tassare ora” sarebbe “un voltafaccia doppio“, da un lato perché arriva immediatamente dopo “che l’elettorato ha riconcesso la fiducia a Berlusconi e a questo esecutivo” (in realtà l’ha concessa principalmente alla Lega Nord, il PDL ha perso – secondo il sondaggista Pagnoncelli – “nella migliore delle ipotesi 2 300 000 voti”); dall’altro, e soprattutto, perché “i tradimenti non fanno parte del dna del Popolo della Libertà, in particolarequelli che hanno per tema le imposte“.

Ah sì? Diamo una rinfrescatina alla memoria a Maurizio Belpietro. Questo è il dna della “genìa” del PDL:

Fonte: nonunacosaseria, via Piovono Rane

E che sarà mai? Sono solo annunci, manipolazioni giornalistiche. No, sono promesse mancate. Voltafaccia. O anche: tradimenti. Lo conferma Luca Ricolfi, che ha dedicato un intero libro (Tempo scaduto. Il «Contratto con gli italiani» alla prova dei fatti, Bologna, Il Mulino, 2006) a comprendere il rispetto del governo Berlusconi II (2001-2006, il più longevo della Repubblica) del famigerato “contratto con gli italiani”. Il grande analista concluse che dei cinque punti previsti dal patto uno solo sarebbe stato rispettato al 100% (anche se Il Giornale e Il Foglio gli misero in bocca tutt’altro – e cioè che sarebbero stati rispettati proprio i 4 dei 5 punti necessari a rendere legittima una ricandidatura di Berlusconi a Premier nel 2006): quello riguardante le pensioni.

Tra gli impegni del contratto, e al punto primo, figurava invece l’abbattimento della pressione fiscale. Da raggiungersi con

  • con l’esenzione totale dei redditi fino a 22 milioni di lire annui;
  • con la riduzione al 23% per i redditi fino a 200 milioni di lire annui;
  • con la riduzione al 33% per i redditi sopra i 200 milioni di lire annui;
  • con l’abolizione della tassa di successione e della tassa sulle donazioni.

La promessa, sostiene Ricolfi, sarebbe stata mantenuta solo a metà. Il primo punto sarebbe stato realizzato soltanto per un lavoratore dipendente con due figli a carico. Il secondo e il terzo del tutto disattesi (delle famigerate due aliquote si è sentito parlare perfino in questa ultima campagna elettorale). Il quarto è stato invece rispettato. Risultato complessivo? Un abbassamento delle tasse dello 0,5% in un quinquennio. Non esattamente l’abbattimento promesso.

Ricolfi rincara la dose nel suo recente Il sacco del Nord, dove a proposito di pressione fiscale scrive:

“[…] la pressione fiscale corrente [cioè quella che esclude le imposte in conto capitale, fortemente influenzate – scrive Ricolfi – da decisioni una tantum come i condoni fiscali] è enormemente aumentata nell’ultimo trentennio, passando dal 31,3% del 1980 al 42,7% del 2008 secondo la contabilità ufficiale”.

Questo per dare un’idea del trend storico. E nel quindicennio berlusconiano?

“[…] siamo vicinissimi ai massimi storici del 2007 e 1997 (tassa per l’Europa). Per ironia della sorte, la pressione fiscale corrente, che dopo il balzo dell’ingresso in Europa era progressivamente arretrata per qualche anno, inverte il suo trend e ricomincia a salire proprio dopo il varo della riforma fiscale del governo Berlusconi, quella che doveva realizzare la promessa elettorale delle due sole aliquote, un al 23% e una al 33%” (pp. 112-113).

Tenendo conto anche di condoni fiscali e altre misure una tantum si ottiene questo grafico:

Fonte: Neolib.eu

in cui si nota che Berlusconi, dal suo primo insediamento a oggi, non è riuscito ad alterare sostanzialmente la pressione fiscale: tra il 46 e il 47% era nel 1994, e tra il 46 e il 47% è oggi. Senza contare che ai dati sulla tassazione andrebbero aggiunte analisi sull’avanzo primario, il debito pubblico e la distribuzione dei tagli per fascia di reddito (come suggerisce questa analisi).

Certo, ad alzare la pressione fiscale sono stati principalmente i governi di centrosinistra. Ma non mi sembra che questo giustifichi l’affermazione odierna di Belpietro: “Quando iniziò il suo cammino il centrodestra nel suo complesso assicurò libertà dall’oppressione fiscale di cui gli italiani sono vittime da decenni“. Prima di tutto perché è proprio in concomitanza con l’era berlusconiana che la tassazione raggiunge livelli inediti; in secondo luogo, perché – come abbiamo visto – non c’è stata nessuna liberazione dal giogo della pressione fiscale (a meno che un mezzo punticino qua e là sia considerata una rivoluzione).

Da tempo Libero e Il Giornale chiedono una riduzione del carico fiscale, sostenendo chene vada della credibilità del governo. Se dovesse continuare il trend della intera Seconda Repubblica difficilmente le loro – legittime – richieste verranno accolte. Chissà se riusciranno a essere coerenti fino in fondo, e sostituire alle piccole bugie sparpagliate nei loro editoriali una analisi lucida e impietosa dei fallimenti del Berlusconi IV. E comprendere che i tradimenti fanno parte del dna del Popolo della Libertà, in particolare quelli che hanno per tema le imposte.

 

Blog dell’autore: ilnichilista.wordpress.com