Obama-Putin: sulla Siria è gelo
Spenti i riflettori sul G8 nord irlandese i problemi rimangono sul tavolo. Nulla di fatto per una soluzione del conflitto siriano. Il summit sembra aver addirittura acuito le distanze che separano i maggiori attori dello scacchiere mediorientale: Usa e Russia. Nonostante gli incontri e i chiarimenti a prevalere sono stati i punti di divergenza, che hanno impedito di trovare un accordo.
[ad]Armi chimiche
Il presidente americano Obama durante gli incontri ha insistito sulla bontà delle prove di utilizzo di armi chimiche come il gas nervino in Siria da parte delle truppe lealiste del presidente Assad. Due settimane prima del G8 il governo statunitense aveva dato l’annuncio di prove certe per quanto attiene l’uso di questo tipo di armamenti contro la popolazione. Tali accuse erano state nettamente respinte dal principale alleato della Siria, la Russia. Durante il summit la distanza non è stata colmata. Anche la proposta di inviare ispettori ONU è stata accolta con freddezza da Mosca, che vede in questo il ripetersi dei passi compiuti dall’amministrazione Bush nei confronti di Saddam Hussein.
Aiuti militari
Durante una conferenza stampa con il vice consigliere per la sicurezza nazionale Usa, Ben Rhodes, tenutasi ieri pomeriggio i giornalisti hanno chiesto se Obama avesse approfondito con la sua controparte russa i dettagli di aiuti militari che Washington si appresta a fornire all’opposizione siriana. “Il presidente non ha fornito questi dettagli” – Ha dichiarato Rhodes – “Abbiamo appena sottolineato i motivi per cui riteniamo che l’opposizione abbia bisogno di sostegno contro un regime che si non si fa scrupolo di usare la violenza contro la propria popolazione”. Poi è intervenuto sulle forniture russe alla Siria. Secondo fonti militari, Mosca avrebbe consegnato nuove batterie missilistiche al governo di Assad: “La posizione della Russia è che si tratta semplicemente di un contratti stipulati precedentemente. Noi abbiamo messo in chiaro che armare il regime non risponde alle esigenze di pace e di stabilità in Siria.” – Ha concluso Rhodes.ri Usa ai ribelli
La linea di Mosca sul sostegno ai ribelli da parte della Casa Bianca si era esplicitata nei giorni scorsi attraverso le parole del primo consigliere di Putin per la politica estera, Yury Ushakov, il quale ha precisato: “La decisione di Washington di fornire sostegno militare ai ribelli siriani metterà in crisi le chanche di pace e in particolare l’iniziativa russo-statunitense su una conferenza di pace, la cosiddetta ‘Ginevra2’”. Quindi un vero e proprio veto a Usa e Ue che congela le possibilità di un accordo e che anzi rende la strada di un futuro accordo quanto mai impervia. Quindi Mosca dice no al sostegno dei ribelli ma lo stesso Putin ha dichiarato che continuerà a onorare gli impegni di forniture militari stipulate in passato.
No fly zone
Anche gli appelli per la formazione dei corridori umanitari e di una no-fly zone in Siria proposti da USA e UE sono caduti nel vuoto e diventati oggetto di critica da parte della diplomazia russa secondo la quale esse “favoriscono” le operazioni degli “estremisti” che operano nel Paese. “Chi sta facendo questo – ha sostenuto il ministro degli esteri russo Lavrov in un’intervista – deve essere consapevole che questi passi, di fatto, concorrono con le operazioni sul campo dei terroristi di Al Qaeda e di altri estremisti, che cercano anche loro di impedire la convocazione della conferenza e in generale il processo di pace in Siria con attacchi sanguinosi e oltraggiose operazioni di pulizia religiosa”.
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Il documento ufficiale
Il premier britannico Cameron ha cercato di minimizzare l’entità della distanza fra Russia e USA. E, cercando di sintetizzare i punti sui quale lavorare, ha detto: “Non è un segreto che vi siano state divergenze”, ma “tutti vogliamo la fine del conflitto”. “Deve esserci un’indagine Onu sulle armi chimiche in Siria, tutti l’abbiamo sottoscritto, compreso Putin e non penso sia stato pagato un prezzo. Anzi c’è una dichiarazione forte sulla Siria. L’importante è mandare un segnale chiaro ai siriani”.
[ad]Con queste premesse poco incoraggianti anche il documento congiunto finale appare come un tentativo poco incisivo di smussare le differenze. Esso si limita infatti a sostenere con forza la conferenza sulla Siria,Ginevra 2, da cui dovrà trovarsi un compromesso per “una forma di governo transitorio con pieni poteri esecutivi, creata sulla base di mutuo consenso”. “Entrambe le parti – si legge nel documento – devono impegnarsi in maniera seria e costruttiva” e “rappresentare tutte le componenti del popolo siriano”, garantendo l’ “impegno a promuovere quanto stabilito a Ginevra per raggiungere stabilità e riconciliazione”.
I leader delle otto potenze poi “condannano ogni uso di armi chimiche in Siria” e chiedono l’invio di ispettori ONU.
Nessun impegno e nessun accordo in sostanza. Questo è il magro risultato del G8 per quanto attiene alla questione siriana. Tutto è rinviato alle conferenze d’autunno aspettando che nel frattempo le diplomazie continuino a lavorare per porre le condizioni di un accordo per il cessate il fuoco