Europa poca fiducia e governi in apnea: la settimana scandinava
Con l’avvicinarsi dei mesi estivi l’attività politica in Europa ed in particolare in Scandinavia rallenta.
[ad]In Norvegia il partito laburista tira il fiato prima di vivere le ultime intense settimane di campagna elettorale in vista del voto di settembre, anche se per il premier Stoltenberg sarà difficile ribaltare la situazione. Problemi simili ce li ha il governo svedese, attaccato dall’opposizione soprattutto sui temi del lavoro e dell’economia.
In Danimarca invece la gente si fida sempre di meno dei propri politici e alle elezioni amministrative di novembre molti giovani potrebbero rimanere a casa. E intanto il governo islandese è alle prese col pressing di Bruxelles, che chiede una decisione in tempi brevi sul rapporto tra l’isola e l’Unione europea.
I danesi non si fidano dei propri politici. Non credono alle promesse che vengono loro fatte. Cresce la diffidenza. A testimoniarlo i numeri: su un migliaio di cittadini intervistati, appena l’otto per cento dice di nutrire fiducia. Pochi.
Il quotidiano Politiken ha provato a calare le cifre nel contesto di questi anni: prima gli ultimi passi dell’esecutivo guidato dai liberali di Lars Løkke Rasmussen, segnati da immobilismo e incertezze; poi le difficoltà che il governo della laburista Helle Thorning-Schmidt sta avendo nel cercare di trasformare gli annunci di due anni fa in realtà Quasi tutto infatti è rimasto sulla carta: dalla ripresa dell’economia, alla riduzione della disoccupazione. I danesi si siano scottati e hanno sempre meno voglia di stare a sentire programmi, discussioni e promesse.
A voltare le spalle alla classe politica sono soprattutto i giovani. A metà marzo, un’indagine aveva svelato come solo un terzo degli elettori under 25 era certo di andare a votare alle prossime elezioni amministrative di novembre. Tra gli over 65 la percentuale saliva al 60 per cento. In questa ottica, sbiadiscono le parole degli amministratori locali che in sbattono i piedi chiedendo al governo di allenate i vincoli di bilancio e trasferire più risorse, come sbiadiscono alcuni sondaggi che danno in ripresa i socialdemocratici.
Bisogna invece proprio partire dai sondaggi quando si parla di Svezia. Per i Moderati del primo ministro Fredrik Reinfeldt, infatti, è ancora allarme rosso: il partito scivola al 25,8 per cento, mai così male dal 2010. I laburisti scappano al 32 per cento. Partito di Centro e Cristianodemocratici sono entrambi sotto la soglia di sbarramento del 4 per cento: una pessima notizia, visto che un terzo mandato consecutivo passa inevitabilmente anche per il risultato dei piccoli alleati di governo.
Oggi invece la coalizione di centrodestra arriva complessivamente al 39,6 per cento, una decina di punti sotto i partiti di centrosinistra. I motivi? Gli stessi che ci sono a Copenhagen: le difficoltà dell’economia, la disoccupazione. Il centrosinistra lo sa e non molla la presa: quanto fatto finora dal governo sul fronte del lavoro è un fallimento, dice il leader laburista Stefan Löfven. “La disoccupazione, la disoccupazione giovanile, la disoccupazione di lunga durata: tutto è aumentato negli ultimi anni” tuona Löfven, “la Svezia ha bisogno di nuove ricette per creare posti di lavoro”.
È la strategia che i socialdemocratici stanno adottando da qualche settimana: il bersaglio è il premier Reinfeldt e il suo governo, il pressing resta alto e le accuse martellanti.