La Corte dei Conti lancia l’allarme: “in Italia la pressione fiscale è troppo alta e la lotta all’evasione non è sufficiente”
La relazione che la Corte dei Conti ha presentato al Parlamento delinea un quadro niente affatto luminoso per la situazione fiscale italiana.
I dati che emergono sono, a dir poco, preoccupanti: pressione fiscale al 53%, economia sommersa pari al 18% del Pil.
[ad]Senza contare l’annoso e ormai cronico vizio italico, vale a dire l’evasione fiscale, che non accenna a diminuire, ma, anzi, “continua ad essere un problema molto grave, tra le cause delle difficoltà del sistema produttivo, dell’elevato costo del lavoro, dello squilibrio dei conti pubblici, del malessere sociale esistente”; parola di Luigi Giampaolino, presidente dei giudici contabili.
Proseguendo nel suo intervento, il primo magistrato della Corte non risparmia una frecciata a chi avrebbe dovuto contrastare la stessa evasione: “esistono divisioni sul tema della lotta all’evasione che per sua natura dovrebbe costituire elemento di piena condivisione e concordanza.
A fronte di un universo di quasi 5 milioni di contribuenti che svolgono attività produttive indipendenti e, come tali, a maggior rischio di evasione, il numero dei controlli approfonditi che l’Agenzia delle Entrate, con l’ausilio della Guardia di Finanza, riesce a mettere in campo annualmente, difficilmente supera i 200.000. Dato che equivale ad una possibilità di controllo ogni 20 anni di attività”. Se invece ci fosse un più efficace sistema di prevenzione e recupero dell’evasione e dell’elusione, si potrebbe intervenire per alleggerire il carico fiscale (mediamente al 53%) che grava su imprese e lavoro.
La relazione non poteva esimersi nemmeno da un passaggio sulla tanto vituperata Equitalia, lanciano un allarme contro gli interventi legislativi volti ad indebolirla: “le ampie dilazioni di pagamento a Equitalia (fino a 74 rate portate a 120 dal ‘decreto del Fare’) contengono il rischio da un lato di un indebolimento dell’azione della società e dall’altro un potenziale elemento di distorsione della concorrenza tra operatori economici”.
Un dato molto interessante riguarda l’entità delle mancate entrate nelle casse dello Stato in rapporto all’arrivo della crisi economica: “ l’aggravarsi della crisi ha reso evidente e clamoroso un fenomeno già noto da tempo, cioè il ricorso ad una sorta di finanziamento improprio delle attività economiche attraverso il mancato pagamento di tributi (per lo più Iva) e contributi” aggiunge Giampaolino.
La Corte dei Conti ha poi focalizzato la propria attenzione sui livelli di evasione presenti nelle diverse aree geografiche del Paese: “il Sud e le Isole sono le zone nelle quali è più intensa la propensione all’evasione, con oltre il 40% dell’Iva e il 29% dell’Irap, a fronte di livelli pressoché dimezzati nel Nord del Paese”. “Sui valori assoluti, però, le differenze si invertono: la maggior parte dell’evasione si concentra sul Nord-Ovest, zona nella quale si realizza la quota più rilevante del volume di affari e redditi”.