Settimana Politica – Cosa ci insegna quel milione di firme
Il fatto che un referendum sulla legge elettorale raggiunga la quota prefissata di firme è sempre una notizia in un’Italia non più dominata dai vuoti politici, dal crollo immediato di un sistema partitico (accompagnato da un mutamento graduale del sistema geopolitico internazionale) e dalle iniziative referendarie di veri e propri “Re per una notte”, per citare uno dei film meno conosciuti della coppia Scorsese-De Niro.
[ad]Ma se questo referendum elettorale raggiunge abbondantemente l’obbiettivo minimo, e anzi supera un milione e 210 mila firme, allora ci si trova di fronte ad una prova di partecipazione democratica sorprendente. Indipendentemente dalle beghe sul sistema e sulla formula elettorale prediletta.
A maggior ragione bisogna dare atto ai promotori di questo referendum, che chiedono l’abolizione del Porcellum (che il professor Pasquino non esiterebbe a chiamare Proportionellum) e il ripristino del Mattarellum, di aver avviato la raccolta firme in un periodo dell’anno abbastanza negativo per operazioni di questo tipo, nel bel mezzo della calura agostana e di un’estate che non ci pensa proprio a finire.
Da questo punto di vista è particolarmente significativa la presa di posizione del ministro dell’Interno Roberto Maroni in merito a questo referendum: il successo dell’iniziativa è così palese che secondo l’inquilino del Viminale si dovrà subito procedere con una nuova legge elettorale approvata dal Parlamento. Ma non solo. Il grande successo referendario dovrà portare il Parlamento a scrivere una nuova legge elettorale“seguendo le indicazioni emerse in questo periodo”. Insomma, da parte dell’esponente leghista non si invita a cambiare la legge elettorale solo per creare un espediente giuridico teso a rendere nullo e superfluo il quesito referendario. Ma sostanzialmente si chiede di cogliere il grido arrivato da quel milione di persone e arrivare quindi ad un’aspirazione originaria del comitato promotore situato in Piazza Santi Apostoli.
Ovviamente alla pesante e autorevole dichiarazione “maronita” sono poi giunte precisazioni sia da parte della Lega Nord sia da parte del Popolo della Libertà che coi suoi falchi dichiara di preferire il Porcellum senza se e senza ma.
Ma la presa di posizione di Maroni e un po’ tutta l’atmosfera attorno alla raccolta firme rischia di evidenziare delle criticità politiche, se non una vera e propria sconfitta, in seno al Partito Democratico.
Il partito infatti non ha sostenuto ufficialmente la raccolta firme. Anche se senz’altro un contributo importantissimo è giunto dalle feste democratiche sparse per l’Italia che hanno rimpinguato, e di molto, i moduli dei referendari.
Ma il patrocinio non giunto da via del Nazareno ha spalancato la porta a stereotipi molto in voga tesi ad attaccare il Pd. A raccolta firme conclusa e a scatoloni inviati in Cassazione però si può ben dire che il Pd ha commesso nel non sostenere ufficialmente la raccolta firme un errore politico. E per ragioni abbastanza lineari.
Infatti il Partito Democratico ha una sua proposta di legge elettorale. Una sintesi che ha prodotto sostanzialmente un sistema elettorale misto munito di un quota di collegi uninominali, nettamente maggioritaria, una quota di proporzionale e un residuo di “diritto di tribuna”.
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