Il datagate che ha travolto gli USA, in seguito alla rivelazioni di Edward Snowden sul programma di spionaggio Prism, sta scuotendo l’establishment americano e si prefigura come un caso Assange II. Al momento, non è noto dove si trovi l’uomo, alcune agenzie internazionali lo davano in volo verso Cuba, ma presto è stata smentita la sua presenza a bordo.
[ad]L’ex informatico della National Security Agency ha lasciato Hong Kong domenica mattina, con un volo commerciale diretto a Mosca, nonostante la richiesta di estradizione indirizzata da Washington alle autorità dell’ex colonia britannica. Sul territorio russo, la talpa ha fatto perdere le sue tracce, ma ha fatto appello all’Ecuador per ottenere asilo politico. Secondo la Reuters, l’uomo, all’interno dell’aeroporto di Mosca, avrebbe incontrato l’ambasciatore ecuadoriano. Successivamente, il Ministro degli Esteri dell’ Ecuador, Ricardo Patino, ha confermato che la Repubblica dell’Ecuador ha ricevuto formale richiesta d’asilo da parte di Snowden, ma che essa verrà sottoposta ad un’attenta analisi da parte del Governo.
La scelta dell’Ecuador non è certamente casuale. Il fondatore e leader di Wikileaks, Julian Assange, responsabile della fuga di dispacci diplomatici che ha imbarazzato le cancellerie dell’intero Occidente nel 2010, è tutt’ora rifugiato nell’ambasciata ecuadoriana di Londra, dall’agosto 2012, nonostante la richiesta d’arresto e di estradizione in Svezia, pendenti su di lui. Lo stesso staff di Wikileaks ha confermato, domenica notte, di aver fornito e di continuare a fornire a Snowden assistenza legale, logistica e diplomatica, e che “una volta arrivato in Ecuador, la sua richiesta verrà studiata in modo formale”.
Nel corso delle ultime ore, il Dipartimento di Stato americano ha chiesto ai governi dell’”Emisfero Occidentale” di non lasciar entrare Snowden nel loro territorio, anche perché, come ha dichiarato il Segretario di Stato John Kerry stamane, “Snowden è un traditore del suo Paese”.
Il caso Snowden sta avendo delle pesanti ripercussioni anche sui già tesi rapporti tra Stati Uniti e Russia, oltre che quelli sino- americani. Attraverso il portavoce per la Sicurezza Nazionale, Caitlin Hayden, la Casa Bianca, infatti, ha detto di aspettarsi che le autorità russe “valutino tutte le opzioni possibili per estradare Snowden negli Stati Uniti“, in virtù della “rafforzata cooperazione dopo gli attentati di Boston e della storia di collaborazione con la Russia sulle questioni legali per la sicurezza”. In realtà, il Cremlino sembra aver voltato le spalle a Washington, non avendo ritenuto opportuno un proprio diretto coinvolgimento nell’affare, di cui il portavoce di Putin ieri ha dichiarato di “non sapere nulla”.
Sul fronte delle relazioni Cina-USA, queste ore hanno risollevato le pesanti accuse reciproche in materia di cyber security, che erano anche state al centro del vertice sino- americano tenutosi il 7 e l’8 giugno nell’amena cornice di Sunnylands. Domenica, il South China Morning Post aveva affermato di essere in possesso di nuovi documenti forniti da Snowden, che dimostrerebbero l’esistenza di attacchi di pirateria della NSA nei cellulari dei cinesi. A nulla sono valse le dichiarazioni a difesa dell’operato dell’intelligence USA, da parte del Generale Alexander, capo della NSA. L’agenzia di stampa cinese Xinhua ha gettato benzina sul fuoco, affermando che “le rivelazioni dimostrano che gli USA, che a lungo hanno fanno la parte della vittima innocente dei cyber attacchi, in realtà siano i peggiori carnefici della nostra epoca”.
Annalisa Boccalon