Settimana clou: entro il 30 di giugno il governo deve trovare una quadra politica, e di copertura economica, sull’Iva.
[ad]In un’intervista a Lucia Annunziata nella giornata di domenica il presidente del consiglio Enrico Letta si è detto fiducioso sulla possibilità di trovare un accordo tra le diverse formazioni politiche che sostengono il suo esecutivo.
In quest’ottica ha convocato sia i leader dei sindacati confederali, nella mattinata di lunedì, sia separatamente i tre leader dei partiti che sostengono la maggioranza di governo (Monti, Epifani e Berlusconi).
Il tempo è dunque pochissimo e, per quanto Letta abbia dichiarato più volte di non essere intenzionato ad accettare diktat su tema, sembra proprio che il governo abbia trovato un espediente per evitare l’aumento della terza aliquota Iva dal 21 al 22%.
Si tratta di un possibile rinvio dell’aumento non molto dissimile dalla sospensione del pagamento sull’Imu di giugno.
Nel senso che come sull’Imu si è sospeso il pagamento della tassa per rivedere nel suo complesso il sistema fiscale sulla casa, anche sull’Iva un ipotetico rinvio equivale ad un procrastinarsi della discussione sull’imposta nel suo complesso.
Con una grande differenza ed un rischio non da poco.
La differenza sta nel fatto che l’intenzione del governo è quella di rivedere il meccanismo stesso di imposta sulla prima casa. Perché si parte dal presupposto che occorre liquidità per le casse dello stato ma al tempo stesso un’imposta come l’Imu è del tutto “iniqua” (o comunque non sostenibile politicamente considerando la maggioranza di governo). Sull’Iva invece il discorso è molto meno universale in quanto nessuno contesta la tassa in se, che tra l’altro per essere rivista necessiterebbe di un iter ben più complicato, ma ci si limita a contestare l’aumento della terza aliquota di un punto percentuale (che a sua volta è una conseguenza della mancata abolizione degli assegni familiari).
Di conseguenza mentre sull’Imu si può trovare un espediente tecnico in grado di renderla sempre meno un’imposta sulla prima casa, sull’Iva il discorso è meramente economico: o si trovano dei soldi oppure l’aumento sarà inevitabile. Con contraccolpi pesanti sia sulle entrate (grande paradosso, ma fino ad un certo punto) sia sull’economia nel suo complesso.
Il rischio non da poco che invece corre l’esecutivo Letta è legato alle tempistica: secondo fonti ben accreditate il compromesso che si raggiungerà sull’Iva è rappresentato da un rinvio dell’innalzamento percentuale di un punto. Sempre nell’ottica che questo rinvio può essere funzionale a trovare altre soluzioni (capitoli di speso in grado di consentire un congelamento dell’imposta). Ma da quel che si è capito l’unico rinvio economicamente sostenibile sarebbe di tre mesi.
Se fosse così ci troveremo di fronte ad un’estate caldissima per il governo Letta. Quasi più calda di quella delle manovre estive dell’ultimo governo Berlusconi nel 2011.
Entro il 31 agosto infatti il governo dovrebbe rivedere l’impianto complessivo sull’Imu e prendere una decisione definitiva sull’Iva. E su queste partita i margini di manovra sembrano sempre più stretti.
In conclusione possiamo dire senza alcun timore che questa estate sarà un vero e proprio spartiacque per il governo Letta. E che da questi mesi di calura estiva dipendono le sorti definitive dell’esecutivo italiano.