Commissariare l’Italia?

Pubblicato il 4 Ottobre 2011 alle 07:38 Autore: Eugenio Angelillo
Commissariare l’Italia?

Premettiamo una cosa: io l’Italia la venderei, in toto. Tedeschi, americani, inglesi, francesi, persino cinesi manderebbero avanti meglio di noi questo paese che, del resto, tranne forse la breve stagione risorgimentale e la Resistenza, ha sempre aspirato a trovarsi un padrone purchessia piuttosto che a camminare sulle proprie gambe. Tuttavia quando leggo articoli come questo rimango stranito due volte, e la seconda piu’ della prima.

Il primo motivo di straniamento e la palese inadeguatezza della attuale classe dirigente. Niente di nuovo in verità, sulla inadeguatezza delle élite politiche italiane attuali si potrebbero scrivere 3 poderosi volumi, uno per ogni polo. In realta’ nella abdicazione alla conduzione della crisi o al governo per il timore di perdita del consenso emerge il problema vero della cosiddetta classe dirigente, che e’ la paura di perdere il posto! Cioe’ se la politica e’ un lavoro, e lo e’, il disarcionamento per via elettorale equivale a un licenziamento. E questo svela questa volonta’ di rinuncia al governo, questo rifugiarsi nel governo tecnico, cioe’ il fatto che si fa politica per vivere, non si vive per far politica! Sparito ogni orizzonte ideale la politica diventa prassi quotidiana, lavoro, posto da difendere. L’idea che si diventa primo ministro per governare questo paese, fare scelte per questo paese e sapere assumersi le conseguenze di queste scelte  e’ ormai assente. Il primo ministro e’ un lavoro come un altro e quindi l’unico scopo e’ tenerselo stretto il piu’ possibile. Il potere per il potere, punto, null’altro.

L’altro elemento di straniamento, quello maggiore, quello più grave, e’ la rinuncia all’analisi critica di tutto ciò  da parte di quelle élite intellettuali, spesso autonominatesi tali, che vorrebbero/dovrebbero farla e che e’ speculare alla rinuncia del governo da parte della classe politica. Sprofondati in una morbida acquiescenza allo stato di fatto non solo lo accettano, rinunciando al proprio ruolo di coscienza critica,  ma quasi paiono invocarlo il commissariamento. Anzi lo invocano di sicuro. Ma lo fanno in maniera assolutamente acritica e ancora più deresponsabilizzante, visto che chiudono gli occhi sul fatto che anche  il commissario invocato non e’ atto alla bisogna, indeciso e incapace di affrontare i nodi veri della crisi, come la Grecia,  da due anni a questa parte, sta dimostrando.