Casa Lorena a Casal di Principe provincia di Caserta.
[ad]La condivisione di una storia di dolore, quale che ne sia la specifica origine, suscita empatia, spinge a riflettere, talvolta, ma lo stacco che esiste tra impatto emotivo, e agire concreto, fattivo, è spesso significativo, e non sempre si è capaci di colmarlo. Basti pensare alla violenza sulle donne, che spesso è il piatto principale del menu di telegiornali, rotocalchi d’approfondimento e periodici, il cui approccio ai fatti è però paragonabile a una sorta di fast food delle notizie.
Un tema, quello della violenza sulle donne, complesso e delicato, per il quale individuare una chiave di lettura – e azione – propositiva, per le vittime e per la collettività, non sempre è facile. Eppure, l’esperienza di Casa Lorena ci dimostra che questo è possibile, oltre che necessario, soprattutto nei contesti più aspri e intricati.
Casa Lorena si è insediata a Casal di Principe (Caserta) in quella che in passato è la stata la villa fortino di Dante Apicella, esponente del clan dei casalesi. Dopo esser stata sottratta alla camorra, nel 2012 è diventata un centro di accoglienza per donne che hanno subito violenza e che porta il nome di Lorena Cutraro, la quattordicenne stuprata e assassinata nel 2008 a Niscemi (Caltanissetta) da una baby gang.
Casa Lorena, attraverso la collaborazione tra la cooperativa Dedalus e la onlus E.v.a. ha recentemente ideato e avviato il progetto Le Ghiottonerie, per la produzione di marmellate e l’organizzazione di catering. Le confetture si possono definire di qualità non solo perché sono preparate con materie prime provenienti dai presidi Slow Food e dalle cooperative agricole della zona, ma soprattutto perché, confezionando questo marmellate, le “ospiti” dal centro (ri) guadagnano la libertà, affermando la propria dignità di persone, e la consapevolezza del proprio esser donna.
Monica, Afrah sono questi i nomi di alcune confetture: un modo per ribadire l’importanza, il ruolo cruciale, che può assumere il lavoro, nel percorso di emancipazione di una persona. Al tempo stesso, la scelta dei nomi dei prodotti evidenzia il legame forte, impastato di passione e forza, che unisce le donne di Casa Lorena alle loro “creazioni”.
Nomi di fantasia però tangibili come fossero di carne e ossa, perché di questo sono fatte le storie da cui hanno preso vita. Melone e pepe bianco, mela e liquirizia, peperoncino e pomodori verdi. A leggere gli ingredienti viene già l’acquolina in bocca, e infatti alcune importanti aziende, come la catena di ristorazione Rossopomodoro, hanno già richiesto le confetture. “Eravamo alla ricerca di una marmellata che ci rappresentasse nella nostra origine campana, da proporre con il nostro piatto Scampagnata, la scelta è caduta sulla marmellata di mela annurca e cannella prodotta da Casa Lorena, anche perché ci piaceva poter dare il nostro contributo alla realizzazione di un progetto che per finalità e natura è molto vicino ai nostri ideali di socialità, integrazione e legalità”, ha detto il presidente di Rossopomodoro, Franco Manna.
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[ad]”Vogliamo anche uscire dall’idea che nei beni confiscati e nel sociale si producono solo cose per chi è attento a quel settore, noi vogliamo fare impresa e realizzare prodotti che si comprano non solo per sostenere un’idea ma anche per motivi di qualità. Abbiamo bisogno di gesti concreti che vanno oltre la politica”, ha spiegato Raffaella Palladino, presidente della cooperativa E.v.a.
L’esperienza di Casa Lorena dimostra come spesso, a livello territoriale, l’impegno e la passione riescano a individuare con chiarezza ed efficacia importanti aree d’intervento per affrontare concretamente il tema della violenza. Un esempio, questo, di come, unendo le forze nell’ottica di un obiettivo condiviso, si possano costruire buone prassi anche a dispetto del carente intervento degli organi centrali.