Approvato il decreto svuota carceri
Approvato questa mattina in Consiglio dei Ministri il decreto legge sulle carceri, presentato in conferenza stampa dal Presidente Enrico Letta e dal Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri.
[ad]Una legge attesa e che punta ad affrontare il gravoso problema dell’affollamento delle carceri, con l’obiettivo di ridurre di circa seimila unità in due anni la popolazione carceraria. Una riforma che Letta ha definito “un dovere morale”, in risposta alle “accuse contro l’Italia” sul tema. Il ministro Cancellieri ha voluto sottolineare che non si può parlare di “svuota-carceri” – ed in effetti la locuzione non è mai stata usata nelle note ministeriali – ma di una “nuova filosofia nell’espiazione della pena”, con riferimento agli accorgimenti che riguardano lo stato di detenzione per alcuni tipi di reati, esclusi i più gravi.
Una filosofia che affida una certa discrezionalità ai magistrati, riguardo alla possibilità di convertire una pena detentiva inferiore ai quattro anni in arresti domiciliari, anche per pluricondannati. La stessa possibilità viene concessa anche per le situazioni di custodia cautelare: il giudice potrà decidere di commutare la pena carceraria in arresti domiciliari – per reati non gravi – se la misura cautelare ha una applicazione di pochi giorni. Sono esclusi da questa opzione i reati considerati gravi, quali tra gli altri l’associazione mafiosa o il maltrattamento e l’abuso di minori.
Il ministro Cancellieri ha voluto meglio specificare cosa intende per nuova filosofia in tema di pena carceraria. Con la modifica di alcuni aspetti normativi, ha spiegato il Guardasigilli, si è ampliata la platea di chi potrà espiare la condanna coi lavori socialmente utili “pagando la pena lavorando e rientrando in carcere o al domicilio la sera”. Anche per questa possibilità rimangono esclusi i reati gravi e rimane comunque la discrezionalità del magistrato.
Rimangono queste in ogni caso misure che, pur spostando la condizione di una discreta parte dei condannati, non utilizzano strumenti di depenalizzazione dei reati. In particolare, negli ambienti radicali e di sinistra, si guarda alla legge Bossi-Fini, definita “riempi-carceri” da Silvia Truzzi in un articolo pubblicato ieri dal Fatto Quotidiano. La stessa giornalista ha voluto ricordare che lo scorso gennaio l’Italia ha subito una condanna dalla Corte Europea per i diritti umani per la violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo. La sentenza riguarda il trattamento riservato ad alcuni detenuti in Italia. Sempre nel dispositivo, la Corte ha invitato lo Stato italiano ad adottare misure preventive e non compensatorie.