Confindustria, la ripresa solo a fine anno. Crolla l’occupazione, bene l’export.
[ad]“In Italia la contrazione economica si è rivelata più profonda e lunga dell’atteso. Si stanno addensando segnali di fine della caduta e si profila una ripresa innescata dai progressi nel contesto globale e dall’export. L’esaurirsi delle misure di bilancio restrittive, un po’ più di fiducia e il minor costo dell’energia aiuteranno consumi e investimenti”.
Con questo abstract, il Centro Studi di Confindustria ha pubblicato sul proprio sito internet quattro file per descrivere gli scenari economici dell’Italia.
Stando a sentire i dati in possesso degli industriali, sono cinque le forze favorevoli al Bel Paese in questo contesto di crisi: minor costo dell’energia, la conferma dei progressi nel contesto globale, l’affievolimento delle misure di austerity, una maggiore stabilità di azione del Governo orientata alla crescita e il cauto rinsaldarsi della fiducia dei consumatori.
Nonostante le buone notizie sembrino non mancare, la domanda che attanaglia governo e cittadini è la stessa che si è posta Confindustria: “Quando usciremo dalla crisi?”. La risposta è tutto fuorchè rassicurante: se ne verrà fuori solo a fine anno, quando l’ultimo trimestre del 2013 segnerà un timido recupero dello 0,2%, insomma “la ripresa è attesa a fine anno, non più in estate”. Di male in peggio: a fine anno il Pil calerà dell’1,9% contro l’1,1% atteso. Ritoccate poi al ribasso le stime di crescita per il 2014: +0,5% rispetto al precedente +0,6%. Cattive notizie anche per i consumi: – 3% entro quest’anno e di un altro 0,3% nel 2014. Previsione per il 2017, tenetevi forti, -8,1%.
E il lavoro? C’è poco da sorridere: dall’inizio della crisi sono stati persi 700mila posti di lavoro, saranno 120mila in più tra dodici mesi. Parlando del dato percentuale, “l’aumento delle persone in cerca di lavoro, che nel 2012 si è accentuato anche per la necessità di trovare nuove entrate per i bilanci familiari, porterà il tasso al 12,4% a fine 2013 (13,9% includendo la Cig) e al 12,7% a fine 2014 (14% con la Cig)” scrive Confindustria.
Male anche il credito alle imprese (scarso e troppo caro), così come la domanda interna (-3,5% nel 2013, dopo il -5,2% nel 2012, e nessun recupero nel 2014). Si salvano invece le esportazioni che continuano a crescere: il prossimo anno si collocheranno ai livelli pre-crisi (2,6% stimato). Sembra proprio l’export il punto per ripartire: alle imprese e a tutto il sistema Italia è così richiesta una maggiore internazionalizzazione per adattarsi allo spostamento del baricentro della crescita mondiale: l’Expo 2015 potrebbe essere una valida occasione.
Da cosa dipendono tutti questi dati negativi? Per Confindustria sono 5 i responsabili: il credit crunch (con l’incognita dei tassi USA), la perdita di competitività, la distruzione di capacità produttiva, la fragilità dell’edilizia, l’erosa propensione al risparmio delle famiglie e il debole mercato del lavoro.
La stessa pressione fiscale è un problema quasi insormontabile: salita al picco storico del 44,6% del Pil “rimane insostenibilmente elevata nel 2014, specie quella effettiva al 53,4% sottratto il sommerso dal denominatore” sentenziano da Viale dell’Astronomia.
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[ad]A Radio Anch’io ha commentato le ultime stime il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: “Ridurre la tassazione sul lavoro e sulle imprese, spingere sull’acceleratore degli investimenti: queste devono essere le attuali priorità”, ha detto il numero 1 degli industriali.
E sul governo? “Ha iniziato a fare cose che vanno nella giusta direzione, ma gli sforzi devono essere moltiplicati e concentrati su un disegno di politica economica di ampio respiro e focalizzati sull’industria” – ha sentenziato Squinzi – “Il rinvio dell’Iva è positivo ma ci sono cose più urgenti come il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione e l’intervento sul costo del lavoro. Un po’ di preoccupazione c’é”. Una battuta infine sull’esecutivo guidato da Letta: serve “senso di responsabilità, spesso assente nel passato”.
Giordano Giusti