Il tema della “pacificazione” in Italia
Sono giorni oramai che non si parla d’altro a livello politico: la pacificazione. Necessaria, ineludibile, inevitabile. A parlarne sono soprattutto esponenti del PDL, ma anche molti del PD, che in nome di questa pacificazione avevano tradito Prodi il 19 aprile scorso (su questo tema torneremo in futuro anche perché quello che successe non fu un caso, tutt’altro, la deputata del PD Enza Bruno Bossio addirittura ha chiamato questi famosi 101 “facilitatori del corso della storia“).
[ad]La pacificazione c’è quando c’è o c’è stata da breve una guerra, e a vedere il film trasmesso sulle reti Mediaset “La guerra dei vent’anni” sembra che in effetti ci sia stata e ci sia tuttora. Di che guerra stiamo parlando? Non certo di una guerra tra PDL e PD o tra centrodestra e centrosinistra, non scherziamo. Sappiamo bene che chiunque pensasse ancora una cosa del genere non può aver seguito davvero con attenzione la politica italiana degli ultimi 20 anni.
Anche da un punto di vista della moralità e della democrazia interna il PD non ha niente da invidiare al PDL, basti leggere l’amara riflessione di Marianna Madia su quanto le pratiche di malagestione del potere e delle clientele siano diffuse capillarmente a tutti i livelli nel suo partito. Lei che è comunque stata eletta, ma che se non fosse stata la figlia di un assessore della giunta Veltroni, scomparso prematuramente, non sarebbe stata capolista PD nel 2008 alla Camera, nella circoscrizione Lazio 1, proprio grazie a Veltroni.
Tra chi è la guerra allora? Tra i magistrati politicizzati e i politici più o meno corrotti? Nemmeno. Magistrati politicizzati poi in che senso? Verso quale partito? Il M5S è appena nato e questa cosiddetta guerra dura da molto di più, e poi, diciamolo, è anche ridicolo pensare che i magistrati facciano questo per favorire il M5S o peggio in favore del PD che tutto vuole tranne che eliminare politicamente Berlusconi (lo ha sempre salvato e difeso con tutte le proprie forze, sottobanco certo, ma lo ha sempre fatto con estrema diligenza ed efficienza).
Come abbiamo avuto modo di dire già in passato parte del tessuto sociale italiano si è sviluppato attraverso clientele, corruzione, evasione. Volendo fare un riferimento improprio potremmo dire che “buoni e cattivi sono da sempre seduti allo stesso tavolo di quasi tutti i consigli di amministrazione di tutte le più grandi aziende italiane”. Non c’è praticamente quasi nessuna azienda o attività che non abbia violato qualche regola, prima o poi. Probabilmente nemmeno una, a voler fare le pulci a tutti (“il più pulito ha la rogna“).
E allora di chi parliamo quando parliamo di guerra se non ci sono due fazioni politiche, rappresentate in parlamento, a combattersi? C’è una sola risposta. La guerra è tra i “moralisti” della giustizia uguale per tutti a qualsiasi costo e i “furbi”, quelli che le regole le violano, quelli che di riffa o di raffa sono riusciti, attraverso rischi, tribolazioni, sacrifici, a volte truffe e inganni o sotterfugi, ad ottenere un qualunque successo alterando la competizione, come gli atleti dopati.
E’ una guerra tra due visioni della vita, più che tra due fazioni politiche (infatti una di queste due visioni non è pienamente rappresentata politicamente mentre l’altra è decisamente sovrarappresentata).
Intransigenza, da un lato, persino estremismo probabilmente (soprattutto quando si vuole fermare la costruzione di una ferrovia o quando si vuole fermare la produzione dell’acciaio). Una intransigenza irrealistica per il semplice fatto che non viviamo in un mondo in cui l’energia è gratis ed è pulita e rinnovabile e le risorse sono infinite, come nel mondo di Star Trek dove premi il pulsante del “replicatore”, pronunci il nome della cosa che vuoi e quella ti appare davanti come per magia, e dove ci si sposta col teletrasporto in un secondo. Dall’altro, una cultura legata al successo a qualsiasi costo, dal piccolo imbroglio fino al peggior malaffare. Il fine giustifica i mezzi e non è un fine legato al bene comune ma individuale e di gruppo di potere.
Nella cultura anglosassone il tema del “bad boy“, cattivo sì ma con talento, che finalmente si mette a giocare per la squadra e la fa vincere è ricorrente in moltissimi film, soprattutto in quelli legati allo sport. Il “furbacchione-fanfarone” vincente che porta la squadra (o la famiglia) a vincere le battaglie della vita è sempre un personaggio molto amato, e non solo dagli americani. Il caso JR di Dallas è un esempio lampante. Centinaia di milioni di telespettatori si identificavano in lui perché cattivo ma vincente, anche se poi vinceva per i fatti suoi e non certo per gli spettatori che lo guardavano. Persino i produttori della fortunata serie televisiva furono sorpresi da questo, erano certi che la stella sarebbe stata il fratello Bobby, giovane, bello, buono, fedele alla moglie… e invece tutti amavano JR, lui era lo show, il resto contava poco o nulla. Sotto molti punti di vista Berlusconi per molti è la star, esattamente come JR. Il meccanismo mentale di identificazione delle masse è lo stesso, stupisce che nessuno ci avesse ancora pensato o lo avesse detto. Da questo lato ci sono quelli che dall’altra fazione vengono definiti “senza morale”.
Dall’altro lato i NO a qualunque cosa si moltiplicano e coinvolgono qualsiasi cosa che riguardi la sfera morale, dai comportamenti prettamente personali come la scelta dei cibi a qualunque altra scelta in nome di una supremazia morale che non si possa mettere in discussione. Non è raro trovare in queste persone un ideale di vita simile al modello della “Casa nella prateria” (altro telefilm di successo degli anni 70-80) che però purtroppo non è soltanto irrealistico, ma potenzialmente devastante. In quel modello c’era spazio sulla terra per al massimo 1 miliardo di persone e un’aspettativa di vita che all’epoca era più o meno la metà di quella attuale. Se si vuole fare questo per punire la meschina razza umana ok, basta dirlo. Se la si vuole vendere come la soluzione bisogna anche dire quale è il prezzo da pagare.
Tornare indietro e fermare le macchine significa amputare, diminuire le risorse e costringere i sopravvissuti a uccidersi tra loro per accaparrarsi le poche risorse rimaste, eliminare una parte di quello che che si è creato in questi cento anni significa certamente condannare a morte o a una vita molto più difficile una enorme percentuale della popolazione. Attenzione, non parliamo di una redistribuzione, anche perché i beni sequestrati alla mafia per esempio di solito restano lì a marcire per paura che un altro mafioso se li prenda o che minacci i nuovi proprietari e siccome non si può rispondere alla violenza con la violenza nessuno fa nulla. Quindi non è redistribuzione, ma una vera e propria amputazione del tessuto economico. L’alternativa è lo spargimento di sangue, di parecchio sangue, cosa di cui però nessuno ha il coraggio di parlare, anzi. E non esiste nemmeno una politica che induca a minori e più oculati consumi, anche perché bisognerebbe dire a tutti che siamo una generazione di frignoni, viziati, ipocondriaci e sovralimentati. E chi ha il coraggio di dire ai propri potenziali elettori una cosa del genere? Meglio inventare che la colpa è di qualcun altro (c’è sempre qualcun altro a cui dare la colpa).
C’è un filo conduttore che mette insieme in battaglie simili antagonisti, ecologisti, pauperisti, animalisti, vegani, egualitaristi, contrari al progresso (una volta erano a favore del progresso, ora tirano sassi ai treni) – tutti questi vengono definiti dagli altri piuttosto approssimativamente con un unico termine: “comunisti”. L’unica cosa che sono riusciti ad imporre finora è un incremento della burocratizzazione, come se aggiungere regole e leggi risolvesse qualunque problema.
La pacificazione è quindi conciliare queste due fazioni contrapposte, gli “immorali imbroglioni e delinquenti” e i “comunisti” favorevoli all’incremento del numero delle regole e delle leggi e, anche se non lo ammetterebbero mai, veri artefici della burocrazia attuale.
L’idealismo giustizialista ed egualitario a qualsiasi costo e l’arte della sopravvivenza dell’espediente, dell’inganno. No non sto parlando di macchiette come quelle del film “Pacco, doppio pacco e contropaccotto“, sto parlando di vita reale e di come avvengono davvero le cose. Un esempio su tutti? Lo sport. La verità è che se non hai un sistema di doping migliore di quello degli avversari, ovviamente non rilevabile all’antidoping, non vinci più. Si possono colpire dei simboli di eccessi come Pantani e Armstrong, ma non si può fermare la giostra e certo ora i ciclisti, come tutti gli altri atleti, si dopano come e più di prima, anche perché se iniziassero (o tornassero) ad andare piano nessuno guarderebbe più le loro corse in TV e non girerebbero più soldi (che sono quelli che contano davvero, come cantava Pino Daniele “ncopp ‘e sold a gente nun guarda n’faccia a nisciuno“). O davvero c’è qualcuno che pensa per esempio che bastino allenamento e abnegazione per correre i 100 metri in 9 secondi e rotti quando solo 40 anni fa a stento scendevano sotto i 10 secondi? Che cosa è successo all’umanità, c’è stata una mutazione genetica di massa in 40 soli anni? Alimentazione corretta? Ma come, non si dice che il cibo migliore era quello di un tempo, sano e genuino senza tutti questi pesticidi e queste notizie di sofisticazioni che vengono sparate continuamente dal terrorismo fatto dai mezzi di stampa?
E allora volete che la vostra squadra del cuore vinca la Champions League? Volete che la nazionale vinca il campionato del mondo? E allora facciamo poco i moralisti sul doping, perché gli altri fanno di tutto, a cominciare dai fortissimi calciatori spagnoli, oppure continuiamo nell’ipocrisia che celebra chi si dopa e non viene colto in fallo e distrugge chi è stato beccato con le mani nella marmellata, quando la vera giustizia vorrebbe che non si dopasse nessuno. Se facessimo un referendum che chiedesse “volete voi che i giocatori della nazionale si dopino come cavalli, senza che nessuno se ne accorga, e che vincano il mondiale o preferite che non si dopino affatto e vengano umiliati da tutti gli altri che si dopano e non vengono scoperti?” voi che cosa scegliereste? A seconda della vostra risposta sarete “comunisti” (e perdenti) o “immorali” (e qualche volta vincenti, almeno individualmente).
Anche nell’economia reale, con tutte le regole che ci sono adesso (in nome di ideali giusti come la sicurezza sul lavoro si è creata una burocrazia allucinante che serve più a dare da mangiare a qualcuno che a dare maggiori tutele), solo chi imbroglia riesce a crescere e a creare valore aggiunto e lavoro.
Ecco cosa c’è alla base della crisi che stiamo vivendo: è tutto drogato. Tutto. L’economia che produce cose in eccesso per creare business che non ci sono. La finanza che crea denaro che non esiste attraverso leve finanziarie (ah già, buoni quelli che dicono di risolvere il problema stampando moneta all’impazzata, un altro modo di credersi furbi quando invece si aumenta solo l’inflazione e non il potere d’acquisto, nella migliore delle ipotesi). La produzione alimentare – coniugata all’assenza di pianificazione demografica – che sta facendo crescere la popolazione ad un ritmo insostenibile a lungo termine. Lo sport dove se non batti un record e non vinci non sei nessuno, ma se vinci sei talmente ricoperto di soldi e successo che saresti disposto a buttarti nelle vene qualsiasi cosa. Al tempo stesso delle regole scritte “morali” assolutamente non realistiche e pertanto non rispettate quasi per nulla al punto che persino chi combatte i più farabutti viene visto come un problema, questi fanno girare l’economia mica li si può arrestare eh!
E la politica dovrebbe essere migliore di tutto questo? In base a quale criterio? I rappresentanti politici sono lo specchio della società, nel bene e nel male.
Stiamo quindi per arrivare ad un punto di rottura, una parte della società diventa sempre più intransigente e carica di odio verso i furbi ma propone un modello dettato da una furia moralizzatrice che non solo non è realistico (c’è gente che crede che potremmo fare a meno del petrolio e che è tutto un complotto dei petrolieri e dei banchieri, quando la verità è che le energie alternative non sono sufficienti per reggere il peso della società drogata che viviamo) ma che è anzi devastante da un punto di vista economico e sociale; dall’altra parte si passa ogni limite morale e anche del buon gusto e, nel caso italiano, fatto da persone che a parte la furbizia personale e l’opportunismo più becero, non hanno nessuna freccia al proprio arco, nessuna qualità, nemmeno a pagarla.
In passato in situazioni come queste c’è sempre stato un solo sbocco: la guerra, con enormi ed incalcolabili spargimenti di sangue. Inutile girarci intorno, è così da millenni. La popolazione cresce, ha bisogno di più risorse e cerca “spazio vitale” guerreggia e poi riparte come prima. L’analisi dell’agente Smith del film Matrix, se si guarda il passato, non fa una piega.
Oppure ci sarà la famosa “pacificazione” con una rivoluzione totale delle nostre pretese di idealismo, una rivoluzione della scala dei valori sulla base di qualcosa di più realistico e meno ipocrita, facendo innanzitutto la pace con noi stessi e mettendo l’asticella delle ambizioni ad un livello umano e non drogato di aspettative e bisogni esagerati, comprendendo che molte delle cose che si raccontano in rete sono delle balle, per esempio non esiste ancora l’energia illimitata ecologica e a basso costo come si racconta in alcuni blog. Una volta abbassata l’asticella sia dei reati, che delle condanne morali (ce ne sono troppe e soprattutto per sciocchezze come quelle che riguardano la sfera sessuale e personale degli individui), ma soprattutto abbassando le tasse, a quel punto la punizione verso chi viola queste regole dovrebbe essere qualcosa di ferocissimo. Altro errore grave è pensarsi migliori con un “perdonismo” senza senso verso le mele davvero marce. In questo momento ci sono pene per tutti anche per delle vere e proprie idiozie inutili e valgono quanto quelle per cose davvero gravi.
E’ una rivoluzione culturale che dovrebbe coinvolgere tutti sia individualmente che come collettività, che può e deve partire dalla politica. L’unico problema è che i protagonisti attuali, a differenza dei telefilm americani prima citati, sono delle gran “pippe”, i “bravi ragazzi” come i “bad boys” di presunto talento “fatti da sé” come Berlusconi. L’immagine che segue (di Fabio Avallone) spiega con grande chiarezza l’inutilità dell’attuale governo dei cui problemi avevamo già parlato in passato.