Il Partito Democratico in rotta (di collisione) verso il rinvio del congresso
Gli equilibri della “strana maggioranza” Pd-Pdl rischiano di sfaldarsi in seguito ad alcune scelte di politica economica giudicate insostenibili (o viceversa) dall’una e dall’altra parte. Gli attacchi del capogruppo Pdl alla Camera Renato Brunetta rivolti contro i quadri dell’Economia, cioè Stefano Fassina e Fabrizio Saccomanni – dipesi in larga parte dalle recenti sentenze dei processi che vedono imputato il leader pidiellino Silvio Berlusconi – e i malumori di alcuni esponenti Pd, come Giuseppe Civati, si alternano ormai da giorni.
[ad]Tuttavia l’indizione del congresso autunnale del Partito Democratico potrebbe porre fine a questa legislatura, per questo motivo una fetta consistente del partito di via del Nazareno ha già pronto il piano B, cioè il contrordine: posticipiare la convention democratica nel 2014. Lo spostamento avrebbe del clamoroso ma bisogna comunque ricordare che lo statuto del Pd assegna 5 anni di mandato alla segreteria, per cui la scadenza è ancora lontana (Pierluigi Bersani è stato eletto segretario nell’ottobre del 2009).
Il partito è diviso, martoriato dalla lotta fratricida tra correnti, ma il segretario Guglielmo Epifani cerca di fare da paciere, in nome della tenuta del governo Letta: proprio per evitare l’affossamento dell’attuale esecutivo si è pensato di sacrificare la volontà degli iscritti al partito e quindi l’organizzazione del congresso negli ultimi mesi del 2013. Tra l’altro sembrerebbe essere stata esclusa l’ipotesi primarie, in quanto si rischierebbe di far sprofondare l’attuale classe dirigente democrat, compreso il presidente Enrico Letta, simbolo delle “grandi intese”.
Nelle intenzioni, la corsa alla segreteria partirà dalle sedi provinciali del partito, successivamente si proseguirà con i congressi regionali e solo in un ultimo momento si aprirebbero gli stati generali del Pd. Ma il timore della corrente renziana – e dell’indignado Pippo Civati – è quello di non avere alcuna possibilità di successo, in quanto le attuali regole statutarie lascerebbero fuori moltissimi dei tre milioni di elettori delle ultime primarie, lasciando ai dirigenti chiusi nella “stanza dei bottoni” il compito di scegliere l’establishment del partito.
A questo proposito, il parlamentare renziano Antonio Funiciello, responsabile Cultura e Comunicazione del Pd, ieri ha twittato: “Rinvio del congresso Pd, se fosse opzione reale, sarebbe sbagliata. Siccome non è reale, non è neppure sbagliata. Ma letteralmente ridicola”, segno che il nervosismo si sia ormai instillato nei sostenitori del sindaco di Firenze. Lo stesso Civati ha incalzato l’attuale segreteria e all’HuffPost ha detto: “Io penso che bisognerebbe fare il congresso al più presto. Con le regole che ci sono, ma comunque entro l’anno. Quanto a me, sarò candidato anche se decidono che voteranno solo quelli che si chiamano Guglielmo e che sono nati nel ‘56”.
Stammatina, ad Agorà, l’attuale segretario traghettatore ha dichiarato che non si candiderà. Dunque, Civati è il secondo candidato che, assieme a Gianni Cuperlo, ha annunciato ufficialmente la sua discesa nell’agone congressuale. Sempre in mattinata, il Corriere della Sera ha avanzato l’ipotesi di una proposta dell’ala bersaniana, che – non essendo attratta dal dalemiano Cuperlo – potrebbe proporre la candidatura del vice ministro dell’Economia Stefano Fassina. A quel punto la sfida tra lui e Matteo Renzi potrebbe essere una resa dei conti dal sapore di scissione in caso di sconfitta del rottamatore. Da parte sua, Renzi sogna di fare “quello che Tony Blair ha fatto con il New Labour in Gran Bretagna”, cioè sconvolgere il partito con proposte di rottura. Infine, altre candidature – o presunte tali – sono state avanzate, come quella dell’attuale capogruppo alla Camera Roberto Speranza e dell’ex parlamentare Paola Concia ma non certo autorevoli come le altre.
Il Partito democratico è in cerca di un’identità politica che non faccia collidere le diverse anime presenti al suo interno. L’impresa rimane ardua, perché nonostante il successo alle Amministrative, il partito non riesce a trovare quell’unità che gli garantirebbe un certo consenso elettorale anche a livello nazionale. Enrico Letta, apparentemente fuori dalla competizione per la segreteria, dovrà anzitutto gestire le difficoltà intestine se vorrà durare ancora a lungo: forse questo impegno non è prorogabile al pari di Imu e Iva.