Venti di rivoluzione in Egitto
Preparativi di una nuova rivoluzione. E’ un anniversario ricco di tensione quello che ricorre oggi in Egitto. Esattamente un anno fa si insediava come presidente Mohammed Morsi. Ma oggi questa ricorrenza è diventata il pretesto per decine di migliaia di suoi avversari di scendere per le strade delle città del paese ed esprimere la sfiducia nei confronti del capo dello Stato e chiederne le sue dimissioni immediate.
[ad]Almeno otto cortei, partiti da diversi quartieri del Cairo dovrebbero nel pomeriggio confluire a piazza Thair. Ma già nei giorni scorsi le violenze sono esplose contro il governo e i partiti che lo appoggiano sia ad Alessandria che al Cairo dove i contestatori hanno tentato di prendere l’ufficio principale del partito “Fratelli Musulmani”, ma sono stati respinti da una strenua resistenza armata. I manifestanti criticano la deriva autoritaria e incapace di tirar fuori l’Egitto dalla catastrofe economica nella quale versa da più di un anno e che Morsi aveva posto come uno degli obiettivi della sua presidenza. Si profila, dunque, una domenica lunga e difficile per il presidente che deve affrontare un’onda di protesta che si ingrossa giorno dopo giorno.
In queste ore la tensione è altissima. Sono in molti a credere che le manifestazioni di massa odierne saranno il preludio di una nuova rivoluzione. Gli analisti ritengono, infatti, che la situazione sta sfuggendo di mano al governo e alle forze dell’ordine che non riescono a contenere le sempre più forti ondate di violenza che si vanno materializzando in una vera e propria guerra civile. Intanto diverse ambasciate stanno rilasciando comunicati sconsigliando ai turisti delle rispettive nazionalità di recarsi in Egitto.
A dare il via alle proteste cominciate questa mattina è il movimento politico giovanile, “Al-Tamarrud” (La Rivolta), il quale nei mesi scorsi era riuscito a raccogliere oltre 22 milioni di firme contro Morsi, chiedendone le dimissioni. Come risultato della sottoscrizione di sfiducia nei confronti dell’attuale classe dirigente, secondo i leader del partito, entro sei settimane dovranno impugnare le firme raccolte per portare dinanzi alle autorità giudiziarie il presidente egiziano e i suoi collaboratori e avviare così il processo di rimozione di Morsi dalla carica che attualmente riveste. “Al-Tamarrud” è attivamente sostenuto da altre forze di opposizione, prima fra tutte, il Fronte di Salvezza Nazionale, grande forza politica e di stampo liberale che raccoglie un opinione laica e ispirata ai valori occidentali.
In queste ore Al Cairo, cominciano a comparire per le strade e sugli edifici striscioni, bandiere e manifesti con la scritta “Libertà per l’Egitto”. Intanto la gente sfila portando in mano un cartellino rosso ad indicare che il presidente è “espulso” dal suo ruolo dai cittadini egiziani, al grido di slogan rivolti soprattutto contro i “Fratelli Mussulmani”, considerati i principali responsabili della deriva politica ed economica.
Una società sempre più divisa
Il dramma che in questi giorni si sta consumando in Egitto è frutto delle sempre più aspre divisioni che lacerano il paese. Se da un lato l’opposizione ai “Fratelli Musulmani” cresce, dall’altro questa forza politica di matrice islamica e tradizionalista conta un grosso numero di sostenitori, polarizzati dagli attacchi dell’opposizione. La scorsa settimana, infatti, i Fratelli Musulmani hanno organizzato al Cairo per due volte raduni di massa a sostegno di Morsi, che invariabilmente sono degenerati in scontri violenti contro i partiti anti presidenziali. Nei giorni successivi le violenze e i disordini sono proseguiti in tutto il paese e hanno avuto come risultato la morte di sette persone fra le quali il ventunenne americano giunto in Egitto per insegnare l’inglese ai bambini, e il ferimento di diverse centinaia di manifestanti. Per calmare gli animi il presidente Morsi ha tenuto alla Nazione un discorso di due ore, in cui ha cercato, utilizzando toni concilianti, di rassicurare la popolazione sul futuro dell’Egitto e di sottolineare i risultati positivi ottenuti dalla sua presidenza nel corso dell’anno. Tuttavia questo gesto non ha fatto altro che attizzare gli animi già esasperati della popolazione, stanca di proclami propagandistici e pronta a tutto pur di cacciare Morsi. Quello a cui si assiste, dunque, è una radicalizzazione e polarizzazione del conflitto in Egitto che non riesce a trovare una via politica alla crisi e che sempre più scivola verso la resa dei conti fra le fazioni. La posta in gioco è altissima: è il futuro stesso dell’Egitto ad essere in discussione, il suo ruolo nel mondo, le scelte strategiche in campo economico, politico, culturale e religioso.
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