Sono tempi in cui il governo, come spesso accade negli ultimi quindici anni, dimostra una certa instabilità e una certa debolezza nel condurre in porto le sue politiche e la sua agenda di governo.
Questo porta la stampa e i media a scervellarsi su nuove soluzioni e nuove proposte capaci di sostituire, o di modificare parzialmente, l’attuale assetto di governo.
In molti, in primis il segretario del Pd Bersani, hanno dichiarato che è inconcepibile pensare che questo governo giunga alla scadenza naturale della legislatura prevista per il 2013.
Da qui congetture e “seghe mentali” su governi di transizioni, con o senza il Cavaliere, governi presieduti e composti da tecnici, da finiani, da oppositori interni e chi più ne ha più ne metta.
In questa situazione è pressoché impossibile non guardare anche allo schieramento di centrosinistra per constatare se risulta credibile come alternativa al governo delle destre e se si dichiara disponibile alla partecipazione in governi di transizione.
Sul secondo quesito vari dirigenti del Pd sono andati in ordine sparso. Ma, a onor del vero, nella sua ultima intervista a “Repubblica” Pierluigi Bersani è stato chiaro nel definire, come governo meritevole di un sostegno democratico, quello che deve apparire come “un nuovo film e non una vecchia pellicola”. Dove per “vecchia pellicola” ci si riferisce alla proposta casiniana di un governo istituzionale allargato ad altre forze sempre presieduto da Silvio Berlusconi. Una proposta che da Sant’Andrea della Fratte hanno prontamente rispedito al mittente.
In tutto questo quadro e nel bel mezzo di queste arcane congetture si inserisce il ruolo del Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola che ha convocato le sue “Fabbriche di Nichi” nel fine settimana in una pineta non lontano da Bari.
Nichi Vendola è il personaggio politico che forse a tratto maggiore notorietà, e capitale politico, negli ultimi mesi. Secondo i dati dell’Ipsos risulta essere uno dei “leader nazionali” meno conosciuto in tutta la penisola, ma la cosa appare a tratti scontata e obbiettivamente comprensibile se ci si riferisce ad un Presidente di Regione. Cioè una figura politica che, per quanto la regione da lui amministrata possa essere importante, appare e formalmente risulta ancora essere un “politico locale”.
Vendola ha organizzato e creato le sue “Fabbriche”, che risultano possedere una certa capillarità su tutto il territorio nazionale e possiedono una discreta presenza anche all’estero, in risposta alla “vecchia politica” e ai partiti che non appaiono oggi come oggi in grado di captare i mutamenti sociali e le istanze di rinnovamento della società civile. Da qui l’idea delle Fabbriche come una risposta per fare capire come “Esiste un’Italia migliore, capace di vincere”.
Nell’intervento conclusivo del meeting delle sue nuove creature Vendola ha spaziato a tutto campo sulle tematiche più disparate inerenti all’attualità politica. Ha ribadito che, in caso d’implosione dell’esecutivo, la cosa migliore è andare alla urne e si è detto disponibile a “sparigliare le carte del centrosinistra”. Anche ponendosi come leader di coalizione alle prossime elezioni politiche. Pronto a correre per le primarie che dovranno eleggere il candidato premier del centrosinistra, forte delle sue due vittorie ottenute alle regionali e alle primarie del 2005 e del 2010.
Subito si è acceso un dibattito, nell’emisfero del centrosinistra, sulle intenzioni di Vendola e sulle sue reali potenzialità.
Parte del Partito Democratico, Follini in testa, ha ricordato che non è nemmeno scontata un’alleanza tra Sinistra Ecologia e Libertà e Pd alle prossime politiche in quanto “il Pd ha avuto il coraggio di rompere con certa sinistra”. In molti invece criticano una forma di “arrivismo” del governatore pugliese e una forma di protagonismo dalla quale Vendola non appare immune. Ovviamente però nel Pd il governatore pugliese ha anche dei sostenitori: in un recente incontro alla Festa dell’Unità di Roma Pippo Civati, ad una domanda a bruciapelo di Luca Telese, ha risposta che tra Bersani e Vendola “preferisco il secondo”. E soprattutto ha dichiarato che appariva più spendibile per battere Berlusconi nel 2013.
Il “tema Vendola” in realtà appare una issue abbastanza complessa che necessità di una certa obbiettività di giudizio immune da parzialità o da futili emotività.
Il primo dato politico che si deve tener presente è che Nichi Vendola, per quanto appaia carismatico e capace di dare una speranza al suo popolo, è pur sempre il leader di un partito politico che arriva al 3%. E ciò appare politicamente un dato non da poco.
Curiosamente, secondo un’analisi politica obbiettiva, avrebbe più chance di porsi come leader del centrosinistra apparendo o figura distaccata o addirittura entrando nel Pd per poi concorrere in maniera democratica alla leadership del partito.
Ma la lezione di Vendola, e la reputazione che indubbiamente egli ha acquisito, ci insegna anche qualcosa riguardante al Pd. E qualcosa riguardante un tema spesso considerato un tabù: la famosa vocazione maggioritaria.
E sì perché in molti nel Pd, scambiando per ingenuità o per cattiva fede la vocazione maggioritaria con l’autosufficienza, non hanno capito che la vocazione maggioritaria è come l’istituto monarchico: morto un Re se ne fa un altro. Morta la vocazione del Pd ci sarà una altro soggetto politico capace di riappropriarsene. E’ il caso di Vendola e della sua leadership.
L’uomo che qualche dirigente del Pd riteneva, legittimamente, non idoneo a ricandidarsi alla guida della presidenza della Regione. Senza però uscire allo scoperto, senza chiarire meglio le motivazioni riguardanti questa presunta inadattabilità di Vendola (questa rubrica si è molto occupata delle ultime primarie di coalizione in Puglia…).
Qualcuno voleva sostituirlo alla guida della Regione. Non solo non c’è riuscito. Ma lo ha reso, in una precisa fase politica, una vittima e oggi più che mai Vendola sfrutta queste vicende per porsi come antidoto ad un “vecchio modo di fare politica” e come capofila della sinistra che sa vincere.
Vendola può piacere o non piacere.
Ma fa riflettere il fatto che chi pensava di farlo fuori politicamente ora rischia di trovarselo come proprio leader.
Ecco, forse è questa la maggiore similitudine tra Vendola e Berlusconi.
Entrambi hanno avuto un grandissimo e involontario aiuto da parte del centrosinistra e dal suo principale soggetto politico.