Trattativa Stato-Mafia, parla Riina “Ci cercavano loro, io andreottiano da sempre”

Trattativa Stato-Mafia, parla Riina “Ci cercavano loro, io andreottiano da sempre”

Dopo un silenzio lungo praticamente venti anni (correva il gennaio 1993 quando Salvatore “Totò” Riina venne arrestato in seguito al blitz diretto dal Capitano Ultimo), il Capo dei capi torna al centro della scena. Fanno scalpore, infatti, le dichiarazioni  rilasciate da Riina a due guardie penitenziarie del carcere Opera di Milano (carcere in cui è detenuto) sulla presunta trattativa Stato-Mafia. Dichiarazioni che, se confermate, sosterrebbero implicitamente l’atto d’accusa della procura di Palermo, che ha ricostruito come i primi agganci tra mafia e Stato furono sicuramente cercati da alcuni esponenti delle istituzioni. Secondo Riina  furono proprio ufficiali dello Stato, nello specifico i generali del Ros Mario Mori e Giuseppe De Donno (entrambi imputati nel processo sulla Trattativa) ad agganciare l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino, per cercare poi un canale di comunicazione con lo stesso boss di Cosa Nostra, con l’obiettivo di fermare le stragi mafiose del biennio ‘92-’93, culminato con le bombe in via dei Georgofili a Firenze.

[ad]“Io non ho cercato nessuno, erano loro che cercavano me” è la frase centrale dell’uscita di Riina, che sarebbe stata pronunciata nella saletta in cui stava assistendo al processo per la trattativa. Uno dei due agenti carcerari precisa le circostanza: “La frase è stata proferita da Riina circa uno o due minuti prima dell’accesso nella saletta e cioè durante il tempo utile a coprire il breve percorso del corridoio, considerato anche il passo lento del detenuto ormai anziano”.

Tutto ciò è finito nella relazione di servizio stilata dalle due guardie carcerarie, relazione che è stata prodotta   stamattina al processo sulla Trattativa dai pm Vittorio Teresi, Nino Di Matteo Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia.

Dal capomafia dunque arriverebbero clamorose conferme sull’esistenza della trattativa Stato-mafia. Agli agenti penitenziari il boss avrebbe detto anche che a farlo arrestare furono Bernardo Provenzano e Vito Ciancimino, versione suffragata anche da Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco, che ha più volte ammesso l’apporto fondamentale dato da Provenzano per l’individuazione del rifugio di Riina.

Ma le dichiarazioni del boss non si fermano qui e vanno a toccare anche l’uomo politico più influente della Prima Repubblica, Giulio Andreotti, da molti considerato il più alto referente politico di Cosa Nostra. A tal proposito Riina si dimostra nuovamente sibillino, parlando prima del famoso bacio che si sarebbero scambiati lui e l’ex leader democristiano “Appuntato, lei mi vede che possa baciare Andreotti?”, per poi chiudere con “Andreotti era un galantuomo e  io sono stato dell’area andreottiana da sempre”.

 

 

Alessandro Genovesi