Intervento a gamba tesa del Consiglio Supremo di Difesa, presieduto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sulla questione F-35. L’organismo ha affermato infatti che il Parlamento non ha potere di veto sull’ammodernamento delle forze armate, andando così a contrapporsi alla mozione approvata una settimana fa dalla maggioranza, che invece impegna il governo a non procedere a nuove acquisizioni nell’ambito del programma di acquisto dei caccia americani senza che il Parlamento si sia espresso dopo un’indagine conoscitiva di sei mesi.
[ad]La nota del Consiglio di Difesa recita testualmente: “nel rapporto fiduciario tra Parlamento e Forze armate, che non può che essere fondato sul riconoscimento dei rispettivi distinti ruoli, la facoltà del Parlamento di eventuale sindacato delle Commissioni Difesa sui programmi di ammodernamento delle Forze Armate, non può tradursi in un diritto di veto su decisioni operative e provvedimenti tecnici che, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell’Esecutivo”.
La decisione del Consiglio, certamente avvallata da Napolitano, che è il capo delle forze armate, non poteva non suscitare una serie di reazioni contrastanti.
In primo luogo il Movimento 5 Stelle, che, per bocca del capogruppo alla Camera Riccardo Nuti, non lesina critiche: “L’intervento del Consiglio Supremo di Difesa su gli F35 è l’ennesima prova che il Parlamento viene concepito come ratificatore di provvedimenti del Governo.
E’ sconvolgente che Napolitano avalli questo ennesimo schiaffo.
Ci aspettiamo che come presidente del Consiglio di Difesa, faccia chiarezza”.
Anche nel Partito democratico prevale la linea contraria alla nota del Consiglio di Difesa. Pippo Civati, ad esempio, parla di “fatto di estrema gravità, rispetto al quale il presidente della Repubblica e, soprattutto, la presidente della Camera dovrebbero riaffermare la sovranità del Parlamento. Immediatamente”.
Il Popolo della libertà, invece, rappresentato da Elio Vito, presidente della Commissione Difesa della Camera, esprime un convinto apprezzamento per l’intervento del Consiglio Supremo di Difesa. “Il rispetto dei ruoli tra organi dello Stato consente al Parlamento il pieno esercizio delle sue prerogative, senza tuttavia alcuna attribuzione di diritti di veto su decisioni operative e tecniche che rientrano tra le responsabilità costituzionali del Governo”.
La maggioranza è quindi spaccata. E la spaccatura si riflette anche all’interno della compagine governativa. Il ministro dell’ Ambiente, Andrea Orlando (Pd) intervenendo ad Agorà su Raitre, ha detto che “i fondi per gli F35 potrebbero essere utilizzati per fare altro, per altre forme di investimenti legate alla tecnologia. In una situazione in cui ci sono delle ristrettezze e delle difficoltà, alcuni investimenti possono essere rivisti o rimodulati e questo forse non è tra le priorità del Paese”. “Nel momento in cui c’è una crisi nel Paese – ha aggiunto il ministro – pensare a come rimodulare la spesa militare non è un tabù e non vuol dire neanche sottrarsi agli impegni internazionali, perché noi abbiamo altri comparti della Difesa, che sono molto più obsoleti, su cui si possono fare investimenti”.
Una posizione diametralmente opposta a quella del ministro della Difesa, Mario Mauro (Scelta Civica), che invece continua ad ergersi a paladino dell’acquisto dei caccia. Come emerso qualche settimane fa, il ministro sarebbe addirittura intenzionato ad aumentare il numero dell’ordine, riportandolo ai 131 jet previsti prima del taglio deciso dal governo Monti.
Alessandro Genovesi