Bersani, Chiamparino, Vendola. Una leadership contesa. Ma anche no!
Leggere l’ennesimo articolo sulla presunta “crisi” (che oramai si afferma sempre più come stato perenne) o sui problemi di programma e leadership del centrosinistra può istigare comprensibili tendenze suicide o a tristi fasi di demoralizzazione (politica, ovviamente).
Ma la “Settimana Politica” si è sempre posta come analisi della cronaca politica e parlamentare della politica nazionale in senso lato e solo in questa occasione si intende rispolverare un tema che oramai è pane quotidiano di retroscena giornalistici che giocano al tiro al piattello contro le opposizioni di centrosinistra.
Ma appunto perché le nostre analisi sono sempre state esaustive, obbiettive e desiderose di dare un contributo alla comprensione dello scenario politico, questa settimana mi voglio occupare di un tema politico che senza dubbio pecca di eccessivo semplicismo e sui cui sono stati a mio modesto parere completamente sbagliati gran parte dei ragionamenti sul tema.
E’ il controverso tema della leadership del centrosinistra.
Sta a me in poche righe non eccedere nel semplicismo in voga in questi giorni per inquadrare quello che a mio parere è un tema importante.
Per prima cosa è fondamentale dire che si tratta perlopiù di un tema fortemente astratto, basato molto sui “se” e sui “ma” (fondamentali in politica…non averli!) e ancora aperto. Quindi gli scenari possono senza dubbio mutare. In meglio come in peggio. Magari anche nelle analisi.
In secondo luogo bisogna partire dal presupposto che nel centrosinistra sussiste tuttora una “questione della leadership”. Non è qualcosa di scontato.
Nella lunga fase politica che va dal 2001 al 2006 era frequente incrociare qualche leader dei micro-partiti dell’allora centrosinistra esclamare a gran voce in qualche salotto televisivo: “Noi sì che abbiamo un leader: è Romano Prodi”.
Questa situazione oggi come oggi non esiste. Se mi è concesso un ardito paragone storico la situazione attuale nel centrosinistra ricorda la formazione dello stato tedesco, partita dall’idea di nazione, nella seconda metà dell’800 mentre la situazione del 2001-2006 (che abbiamo prima ricordato) ricorda la medesima questione riguardante l’Italia nello stesso periodo e inerente alla collocazione della sua capitale.
Mentre in Italia, in pieno Risorgimento, era stata individuata da tempo la capitale geografica ed ideale del futuro stato (Roma) in Germania nello stesso periodo si discuteva su quale città dovesse ricoprire il ruolo di capitale del nuovo Impero germanico.
Allora il leader del centrosinistra riconosciuto moralmente e politicamente c’era ed era Prodi. Oggi come oggi invece c’è molta confusione all’orizzonte.
Tra l’altro si consideri che nel nostro caso non è ben chiaro il confine della futura coalizione alternativa al centrodestra e ciò rende la discussione ancora più stucchevole. Come se si volesse indicare la capitale senza stabilire però i confini del regno.
Questa confusione ha portato all’elaborazione di scenari astratti che sostanzialmente possiamo riassumere elencando i tre personaggi politici che concorrono alla leadership del centrosinistra: Pierluigi Bersani, Nichi Vendola e Sergio Chiamparino.
Senza dubbio non è bello, ma cercherò di indicare le contro indizioni, ma anche gli aspetti positivi, dei tre leader e delle tre potenziali leadership.
Gli aspetti positivi dei tre sono:
Bersani: segretario nazionale del principale partito d’opposizione. Eletto con primarie aperte, il suo partito si colloca in una posizione politicamente intermedia tra la sinistra più radicale e il centro (in caso di grande coalizione).
Vendola: considerato leader carismatico “ha la fama” di leader vincente. Sembra essere colui che riuscirà a dare una speranza al “popolo del centrosinistra”.
Chiamparino: considerato ottimo amministratore della quarta città d’Italia, parrebbe un outsider all’interno nel Pd nel caso si candidi, nelle primarie di coalizione, d’ufficio il segretario nazionale del partito come previsto dallo statuto.
Tutti sembrano avere le carte in regola, dunque. Ma è importante sapere che, soprattutto a livello di base, si incominciano già a costituire le opposte tifoserie dei tre candidati che si battagliano a colpi di fioretto. Manco fossero i supporter dei “Beatles” contro quelli dei “Rolling Stones”.
E siccome la malizia fa un po’ parte dell’analisi politica, non posso che considerare dei singoli aspetti che invece ben testimoniamo come la situazione potrebbe e dovrebbe, per migliorare, mutare per proporre qualcosa di nuovo. Ma soprattutto, con più chance di vittoria.
E allora Bersani, che ha vinto con la maggioranza assoluta le elezioni primarie del 25 ottobre 2009, non teme di essersi fatto troppo la fama del “tatticista della politica”? Tutto attento agli equilibri e al comunque spinoso tema delle alleanze? Teoricamente dovrebbe essere lui il candidato premier (ho sempre votato il segretario del Pd cercando di scegliere quello più adatto o con più chanche di fare il premier) ma pensa di possedere la forza politica (che effettivamente in certi casi scorgiamo in ascesa) e il carisma per battere Berlusconi?
Per quanto riguarda Vendola si potrebbe partire dal dato più politico: può il leader di un partito (anzi: di un cartello elettorale dalla variegata composizione “ideologica”) del 3,1% candidarsi leader di una coalizione che racchiude, nella sua piccola variante, soggetti politici del 26% e 8%? A questo punto curiosamente non sarebbe più legittimato quel “democristiano eretico” (cfr. Gianfranco Rotondi) di Tonino Di Pietro? E quale sarebbe la motivazione politica (a parte il carisma riconosciuto)? Quali differenze ci sono tra il Vendola di un anno e questo, così tanto osannato? L’unica differenza è l’enorme assist che gli ha dato D’Alema e gran parte del Pd che ha cercato di ostacolare incomprensibilmente la sua candidatura alla presidenza della Regione Puglia. Commettendo un errore. Se Vendola fosse stato il candidato dal centrosinistra senza esitazioni, come si meritava in quanto Governatore uscente, oggi sarebbe un “semplice” presidente di Regione. E giustamente a nessuno verrebbe in mente di candidarlo alle politiche come candidato leader della coalizione!
E Chiamparino? Buon outsider. Non c’è dubbio. Ma, e qui il suo libro scritto assieme al buon Paolo Griseri potrà darci una mano, la sua idea di centrosinistra e dei suoi assetti appare ancora vaga. A tratti mutevole. In costruzione. E non basta l’impostazione accademica che nessuno gli contesta.
Con ciò non si vogliono criticare tre persone, ma un intero dibattito politico. Basato sul nulla e più sull’emotività che su una reale concretezza degna di questo nome. Una situazione ben rappresentata dalle opposte “tifoserie”, di cui parlavamo prima. Si combattono, si scontrano all’insegna di artifici dialettici e pseudo-proposte politiche.
Ignari del fatto che sono due soggetti del tutto complementari: ognuno trae forza dall’esistenza e dagli errori dell’altro.