Uno spettro si aggira per l’Europa: l’austerity. La fonte d’ogni male, il capro espiatorio cui attribuire ogni sventura dei popoli mediterranei.
Comodissimo schermo dietro cui nascondere l’inefficienza delle politiche economiche degli ultimi 20 anni. Solitamente si accomagna alla Germania, alla cancelliera Merkel, le banche, i burocrati, la finanza, ecc ecc, nel formare un bel mazzo di alibi per aspiranti rivoluzionari in buona fede e inetti politicanti in mala fede.
Peccato che come gli unicorni, l’araba fenice, o i tesoretti dei governi, semplicemente non esiste. Perlomeno in Italia.
Forse è austerità mettere la stessa tassa patrimoniale sugli immobili che esiste in tutto il mondo occidentale, con un peso anche ben maggiore?
O forse è austerità stabilire che in pensione si debba riscuotere quanto si è messo da parte con i contributi e a una età compatibile con l’aumento della vita media?
E’ austerità stabilire che chi non perderà mai la propria pensione se prende più di 1500€ lordi possa non avere un adeguamento automatico mentre milioni di lavoratori perdono il proprio lavoro e l’aumento di valore aggiunto del Paese è negativo e quindi non giustifica alcun adeguamento?
E’ ancora austerità un taglio alle spese pubbliche dello 0% reale, in concomitanza con cali del PIL superiore al 2%
E’ austerity il taglio di zero dipendenti pubblici, con l’accompagnamento alla pensione di 7 mila su un totale di più di 3 milioni?
Chi si lamenta dell’”austerity” non si rende conto che chiama con questo nome invece la crisi di competitività dell’Italia, causata anche dalla cecità e dal rifiuto di ogni riforma liberale fatto da coloro che peferiscono gridare all’”austerità”.