Sotto il Sole delle Alpi, ecco la nuova scuola “totalitaria”
Ah, le coincidenze. Secondo il sindaco di Adro, Danilo Oscar Lancini, quel Sole delle Alpi impresso a fuoco su banchi, cartelli, vetrate e zerbini del nuovo polo scolastico non ha niente a che vedere con un simbolo politico. È piuttosto il coagulo della memoria storica della “sua gente”. Qualcosa che è preesistito alla Lega Nord – grazie per la scoperta – e che con essa ha soltanto un legame contingente. Quello espresso nel suo statuto, all’articolo 3. Dove si sostiene cioè che sia parte integrante di ciò che la identifica come partito.
Ma si parlava di coincidenze. Perché questa è la replica di Lancini a chi vorrebbe a tutti i costi vedere in quella scuola non tanto la memoria del popolo padano ma la tragedia di ogni popolo: il totalitarismo. È una coincidenza che quel simbolo proveniente da un lontano passato sia dipinto invariabilmente di verde. Una coincidenza che a proporne l’utilizzo sia un leghista. Una coincidenza che il polo sia dedicato alla memoria dell’ideologo della Lega, Gianfranco Miglio – forse dimenticando che Bossi, nelle sue infinite giravolte, riuscì a definirlo “una scorreggia nello spazio”, un “arteriosclerotico, traditore” e un “poveraccio”. Una coincidenza, infine, che ciò avvenga nello stesso luogo e per mano della stessa persona che propose una “taglia” per i clandestini (Lancini preferisce parlare di “bonus di produttività”), un premio per i blitz nelle abitazioni sovraffollate (indovinate da chi), il no a bonus bebè e contributo per l’alloggio agli extracomunitari (bocciato dal Tribunale di Brescia) e soprattutto che fu al centro delle polemiche per aver negato la mensa – nonostante la generosità di un imprenditore locale, che si era offerto di pareggiare il conto – ai figli delle famiglie disagiate in ritardo nei pagamenti. Neanche a dirlo, quasi tutte extracomunitarie.
“Folklore”, direbbe Mariastella Gelmini, prima di un inutile balletto di dichiarazioni (è «un progetto encomiabile che crea benessere e entusiasmo»; no, è una forma di «estremismo» che «non condivido»; sbagliavo, il simbolo «è stato scelto perché appartenente all’iconografia del Comune») che ben rappresenta lo stato di sudditanza del Pdl rispetto alle sempre più pericolose stravaganze leghiste.
Ma sarebbe troppo semplice, troppo comodo derubricare tutto questo a un aneddoto. Da un lato, perché Lancini ha la gran parte dei cittadini di Adro dalla sua. Come se a nessuna mamma leghista fosse mai venuto in mente che il proprio figlio dovrebbe poter crescere in un luogo privo di simboli di partito – di quelli religiosi non potrà fare a meno, dato che sono stati avvitati ai muri – soprattutto perché pubblico. E, come tale, di tutti i cittadini, non soltanto degli elettori che in quel simbolo si riconoscono quanto a credo politico e tradizioni. Come se ciascuna di quelle mamme si fosse arrogata il diritto di scegliere per il proprio figlio, e di crescerlo con l’idea di uno Stato nello Stato, con i suoi martiri, il suo passato, i suoi valori alternativi ai nostri. Insomma, come se quei figli fossero costretti a crescere considerando la Padania la loro patria e destinazione.
Dall’altro, l’idea che un partito politico si arroghi il diritto di prendere in giro quella stragrande maggioranza di cittadini italiani che non lo vota, cercando di convincerla che la storia non abbia già ripetutamente testimoniato come un simbolo possa assumere valenza politica anche se prima non l’aveva, testimonia il senso di impunità e la sfrontatezza che ha raggiunto. Non stupisce, certo, dato che a comandarla è chi allo stesso tempo ha proclamato l’indipendenza della Padania e giurato sulla Costituzione dello Stato italiano. Però preoccupa. Perché chi l’ha fatto, in passato, ha prodotto miseria e sofferenze immani. Una possibilità remota, certo, ma che da qualche parte deve pur trarre un inizio. Per questo quei simboli, leghisti o meno, vanno rimossi: l’educazione dei nostri figli, specie dei più piccoli, non può tollerare nemmeno il dubbio, nemmeno una possibile confusione tra la storia di un popolo e quella di un partito. Perché quando ciò è tollerato si generano non uomini, ma automi.
(Scritto per FareFuturo Web Magazine; blog dell’autore: il Nichilista)