Matteo Renzi risponde a Pesaro alle domande di Monica Maggioni in diretta per RaiNewws24.
[ad]Domande che spaziano dal congresso del Partito Democratico, al futuro del Governo Letta sino al ruolo che avrà l’attuale sindaco di Firenze.
Si parte dalla situazione nel Partito. Per Matteo Renzi. ”Il Pd ha una responsabilità enorme che non è quella di mettersi a discutere di correnti e correntine ma di spiegare come fare per far riprendere il paese”. Per il sindaco di Firenze la gente si attende dal partito “che faccia le cose serie, e non che sbagli un rigore a porta vuota: perché nelle ultime elezioni abbiamo sbagliato un rigore a porta vuota”.
“Al segretario del mio partito non ho da dirgli niente. Lo ascolto volentieri ma non ho da dargli noia. Non voglio rompergli le scatole. Lui ha un compito: di convocare il congresso a norma di statuto entro il 7 novembre. Le regole ci sono già, vogliono cambiarle? Bene, hanno bisogno di fare un’assemblea, di cui io non faccio parte, la facciano e se hanno la maggioranza cambino le regole, ma lo facciano entro il 7 novembre”.
Sul rapporto col premier Enrico Letta è chiaro e non lascia spazio ad interpretazioni: “Questa storia che io sia contro Enrico Letta è una barzelletta”.
“Sogno un governo che faccia contenti gli italiani, oltre che Brunetta e Schifani”. Renzi, comunque, dà atto al governo di aver “giocato una bella partita in Europa. Ma dobbiamo giocarla con ancora maggiore determinazione.
“Se non prendi i voti dei delusi del centrodestra succede che perdi le elezioni e poi ti tocca prendere i voti di Brunetta e Schifani. Io preferisco prendere i voti dei delusi del centrodestra alle elezioni”.
Il Pd “non deve diventare la versione 2.0 di qualcosa del passato, ex Pci o ex Dc, né deve diventare qualcosa da reiventare del tutto. Sta nella sinistra in uno scenario che vede normalmente un centrosinistra e un centrodestra” contendersi il voto degli elettori.
Sulla legge elettorale è tornato a parlare del modello “sindaco d’Italia affinché all’indomani delle elezioni sia chiaro a tutti – come nel modello elettorale dei comuni – chi ha vinto e chi ha perso.